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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) è il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19.

Si tratta di un passaggio cruciale, la cui importanza sostanziale, al di là dei pur rilevanti aspetti gestionali, è probabilmente senza pari. Dalle scelte e dagli obiettivi definiti dal Piano dipendono, infatti, il modello di sviluppo che vogliamo adottare, il futuro del nostro Paese ed il contributo che esso potrà dare alla sostenibilità di tutto il pianeta. Agenzie autorevoli, The Lancet countdown e The UN Environment Program, nel dicembre 2020 hanno ribadito che i programmi per la ripresa economica che danno la priorità a forme obsolete di energia e di trasporto ad elevato consumo di combustibili fossili porteranno ad effetti collaterali indesiderati sulla salute delle persone. Se la risposta alla pandemia COVID-19 non sarà completamente e direttamente allineata con le strategie nazionali sul cambiamento climatico, e sulla riduzione delle emissioni di gas serra, il mondo non sarà in grado di rispettare i suoi impegni ai sensi dell’accordo di Parigi, danneggiando la salute e i sistemi sanitari oggi, e nel futuro.

Dalla bozza di PNRR, resa pubblica il 29 dicembre, non emerge questo cambiamento: ad esempio, per quanto riguarda l’agricoltura sostenibile, sono previste “iniziative per la competitività, la riqualificazione energetica e la capacità logistica del comparto agricolo italiano”. Si tratta di interventi di efficientamento energetico degli immobili e dei trasporti sicuramenti utili, ma che non sostengono la transizione verso un’agricoltura in linea con i principi dell’Agroecologia, il paradigma in grado di coniugare la salute delle persone con quella del pianeta anche grazie alla drastica riduzione delle sostanze chimiche, responsabili di pesanti e gravi ricadute sulla salute e sull’ambiente.

Lo stesso dicasi per la tutela della risorsa acqua dove gli interventi prevedono sostanzialmente un monitoraggio digitalizzato e una “messa in sicurezza” della rete, ma manca un piano organico di riparazione/ricostruzione dell’intera rete acquedottistica quale opera strategica infrastrutturale nazionale né tantomeno è previsto un piano organico nazionale per la depurazione efficace delle acque reflue. Questi interventi si ritengono necessari per garantire in futuro la disponibilità di acqua di qualità necessaria a garantire il mantenimento della salute, il contenimento di malattie infettive e diffusive e la disponibilità d’acqua nelle strutture sanitarie per le emergenze.

Non sono altresì previsti interventi normativi per bloccare il consumo di nuovo suolo né per effettuare le bonifiche necessarie per ripristinare le condizioni di igienicità e salubrità dei territori e ridurre il carico specifico di malattia nelle aree inquinate.

Per quanto riguarda il passaggio dalle fonti fossili a quelle rinnovabili lascia perplessi la scelta della riconversione delle centrali a carbone in centrali a metano, ancora una fonte fossile e altamente climalterante, così come propongono le compagnie energetiche nazionali, che rischia di annullare ogni possibilità di limitare il riscaldamento globale al di sotto del punto di non ritorno.

Parimenti sconcertante, il sostegno alle biomasse: bruciare legname è un “ritorno al medioevo”, tanto più oggi che, sono ormai acclarati i rischi conseguenti all’ aumento delle emissioni di gas clima alteranti, gli impatti sulla salute dei prodotti della combustione e, soprattutto, la perdita dei servizi ecosistemici che il patrimonio boschivo lasciato alla sua naturale evoluzione esercita anche per quanto riguarda l’aspetto idrogeologico, già fragile,  del nostro territorio.

La bozza, dunque, nel complesso non recepisce i cambiamenti necessari in favore della salute pubblica e del benessere dettati dalle previsioni scientifiche degli effetti dei cambiamenti climatici e che sono emersi con chiarezza nel corso della recente pandemia ma indica misure di corto respiro e palesemente a favore di interessi particolari.

Dal documento che sta circolando emerge, inoltre, che ENI è riuscita a far inserire progetti di confinamento geologico della CO2 a Ravenna e presunte bioraffinerie in alcune aree del territorio nazionale.

Su questo punto condividiamo le preoccupazioni già espresse da Legambiente, WWF, Greenpeace e Fridays For Future troviamo sconcertante che ad un’azienda a parziale capitale pubblico che fattura ogni anno 70 miliardi di euro, sia permesso di farsi finanziare i propri progetti con soldi dei contribuenti europei. L’attuale piano industriale di Eni, tra l’altro, non è in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi rinviando le riduzioni delle emissioni di CO2 a dopo il 2030, cosa molto grave se si tiene conto che le emissioni globali dell’azienda sono superiori a quelle dell’Italia.

Chiediamo al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e all’intero Governo, apprezzando lo sforzo che si sta facendo per governare l’attuale difficile situazione e per predisporre tempestivamente un PNRR:

  • Che vengano innanzitutto condivisi con il mondo scientifico e la società civile gli obiettivi da raggiungere con il recovery plan. A questo proposito facciamo presente che esiste un coordinamento nazionale delle donne e degli uomini di scienza esperti del tema ambiente-salute che sta lavorando per mettere insieme delle proposte concrete di azioni utili sia per la prevenzione delle principali malattie, comprese quelle infettive, sia per arrestare la crisi del clima.
  • Che le scelte fatte siano in linea con le più recenti linee di indirizzo delle Istituzioni Europee e Internazionali di tutela dell’ambiente e della salute.
  • Che venga garantito l’interesse pubblico generale del PNRR non trasformandolo in un veicolo finanziario a vantaggio di soggetti privati che hanno il chiaro interesse a rallentare il superamento dei combustibili fossili.
  • Che venga garantita una reale transizione dalle fonti energetiche fossili a quelle davvero rinnovabili, le uniche in grado di porre un freno alla crisi del clima, rispettare gli ecosistemi e quindi la salute dell’Uomo e degli altri viventi.
  • Che si affronti seriamente anche il problema dello stile di vita e dei consumi, unica possibilità per ridurre davvero la domanda e, dunque, il consumo di materie prime e di energia. Il sostegno acritico alla crescita industriale ed economica non rappresenta la soluzione reale alle problematiche ambientali e a quelle socio-sanitarie associate.

Riteniamo la posta in gioco legata al PNRR in tema di cambiamenti climatici, sovranità alimentare, equilibrio ecosistemico, salvaguardia delle matrici vitali, del sistema sanitario e dei sistemi socio-economici locali, necessiti di una adeguata riflessione e di una necessaria rielaborazione al fine di assicurare la coerenza fra gli obiettivi che si pone e le azioni previste.

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