L’Aiab, l’associazione italiana per l’agricoltura biologica, e l’Isde, International Society of Doctors for Environment, chiedono un incontro con il ministro Gian Marco Centinaio, per illustrare alcune proposte di modifica al decreto.
“Non neghiamo che il batterio abbia un ruolo – dicono Patrizia Masiello, presidente di Aiab Puglia e Agostino Di Ciaula, presidente del comitato scientifico di Isde – ma nello stesso tempo riteniamo che la causa del disseccamento non si possa attribuire a un solo elemento, ma piuttosto alla cattiva gestione dei suoli con ripetuti attacchi fitosanitari. L’utilizzo indiscriminato di pesticidi insieme alle ripetute bruciature dei residui di potatura – prosegue – “ha influenzato il ciclo di umidificazione con una progressiva riduzione della sostanza organica presente nei terreni. Un uso incontrollato di questi metodi aumenterà la desertificazione del territorio, già in stato avanzato nel Salento, distruggerà l’economia dell’agroalimentare d’eccellenza, e cosa più importante la salute dei cittadini, a partire dagli stessi agricoltori”.
Gli ulivi secolari
Masiello ricorda, inoltre, che “gli ulivi secolari sono un patrimonio del territorio pugliese e appartengono a tutti i cittadini. Il taglio di questi alberi e la sostituzione con coltivazioni intensive, è un danno irreparabile per la regione, con ripercussioni sul paesaggio e sul comparto turistico e agrituristico”.
I rischi ambientali e sanitari
Di Ciaula sottolinea che “l’utilizzo di neonicotinoidi e piretroidi, pesticidi di riconosciuta dannosità per la biodiversità, per la sicurezza alimentare e per la salute, viola apertamente i principi di prevenzione e precauzione, i diritti di scelta degli agricoltori e il diritto delle comunità esposte ad accedere a cibo e acqua non contaminati. Appare utopico pensare di eliminare con prodotti chimici molto tossici per l’ambiente e per l’uomo l’insetto vettore in un’area geografica molto estesa, nella quale la Xylella è ormai endemica da anni”.
La sperimentazione dell’Università della Basilicata
L’impoverimento del suolo “rende gli ulivi incapaci di reagire agli attacchi della Xylella: la soluzione è nella gestione sostenibile del terreno e nella ritrovata e indispensabile biodiversità, al fine di aumentare la capacità delle piante di fronteggiare gli attacchi del batterio. Va proprio nella direzione di una gestione ecosostenibile del territorio la sperimentazione avviata in Salento dal Dipartimento delle culture europee e del mediterraneo della Università della Basilicata, e coordinata dal professor Cristos Xiloyannis.
Potatura
Per Xiloyannis è fondamentale nutrire il terreno con un compost che apporti carbonio e arricchisca il suolo. Frequenti potature, invece, contrastano la diffusione di Xylella fastidiosa, con l’obiettivo di facilitare la circolazione dell’aria e favorire la crescita vegetativa. Le potature frequenti (circa tre volte l’anno), con passaggi rapidi senza tagli drastici, consentono di eliminare quei rami che hanno sintomi evidenti di attacco della malattia, tagliando ventri-trenta centimetri sotto i sintomi. Dopo i tagli (e dopo la raccolta) è consigliabile effettuare un trattamento a base di rame a fini preventivi. Casi simili di altre fitopatie su diverse colture dimostrano che è possibile convivere con il patogeno attraverso l’adozione di pratiche colturali volte a favorire il buono stato vegetativo della pianta e contenere la diffusione del patogeno in un ecosistema in equilibrio (esempio Erwinia amilovora sulle pomacee, Pseudomonas syringae in actinidia, e per la Xylella fastidiosa nella malattia di Pierce della vite e nella clorosi variegata degli agrumi).