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Ribadiamo il nostro no alla realizzazione di impianti a bioenergie e a incentivi pubblici per la combustione di biomasse

 

In una fase complessa e drammatica di emergenza sanitaria da Covid 19, mentre in Sardegna chi governa dovrebbe rispondere in termini di capacità di analisi, competenza, adeguatezza ed efficienza del sistema sanitario Regionale e pone “un bavaglio” al personale sanitario, impedendone la comunicazione, trova il tempo di dare il via libera alla realizzazione di impianti a bioenergie, operando ancora una scelta in contrasto con la tutela di ambiente e salute. Ma i medici per l’ambiente di ISDE Sardegna, sensibili alla tutela della salute pubblica, esprimono anche in tale contesto la loro opinione libera ed indipendente.

E’ notizia di qualche giorno fa che, con deliberazione N.21/19 del 21/04/2020, è stato dato il via libera dalla Regione alla realizzazione di impianti a bioenergie.

La prima osservazione è che la Sardegna, già fortemente condizionata da modelli industriali inefficienti basati quasi esclusivamente sulla combustione da fonti fossili, dà un significativo contributo, ormai da decenni, al riscaldamento globale; con tale scelta potrà così soltanto implementarlo.

In tale contesto, così come il progetto di metanizzazione quale sistema di transizione verso una migliore efficienza energetica a minor costo, anche un programma di utilizzo delle bioenergie disponibili, realizzato e gestito in base alle misure previste dal Piano energetico ambientale regionale, solleva ancora una volta criticità sanitarie, ambientali e socioeconomiche.

I danni sanitari ed economici sono crescenti e interessano la nostra Regione e soprattutto le aree geografiche a forte impatto ambientale e così le persone più vulnerabili (un sardo su tre vive in un luogo inquinato e sono 405.000 gli abitanti residenti nei due Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche).

La produzione di cosiddette “bioenergie” (da combustione di biogas, biocarburanti, bimasse, rifiuti) che in conseguenza delle politiche incentivanti ha subito una chiara accelerazione in Italia, oltre alle emissioni di CO2, sono responsabili di tutte le altre

emissioni inquinanti tradizionalmente derivanti dai processi di combustione quali ossido di carbonio, polveri totali sospese e ossidi di azoto e di inquinanti meno convenzionali, a cui bisogna porre attenzione, che si producono con la combustione di biomasse, polveri sottili, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, diossine.

La seconda osservazione è che l’utilizzo inappropriato delle biomasse rappresenta uno degli esempi più eclatanti di insostenibilità, favorito dall’attuale regime di incentivazione dell’energia da biomasse che risulta spingere il mercato verso una corsa alla realizzazione di impianti (anche di grossa taglia) assolutamente insostenibili sotto il profilo ambientale e pericolosi per la salute così come lo sono le centrali a biogas e gli impianti di biodigestione anaerobica.. Gli incentivi pubblici devono essere esclusivamente riservati a solare termico, fotovoltaico e minieolico, escludendo quindi tutte le cosiddette “Bioenergie” (biomasse solide, liquide e gassose) che comportano inaccettabili emissioni inquinanti e conseguenti ricadute negative sulla salute.

La terza osservazione è che sono elevatissimi i costi umani ed economici generati dall’inquinamento delle matrici ambientali secondari ai processi di combustione. Abbiamo diritto a misure finalizzate a incrementare il livello di benessere e la resilienza e a forme di sviluppo sostenibile. Tutto questo non può essere realizzato distruggendo, per il profitto di pochi, ciò che può rappresentare una risorsa positiva per tutti.

ISDE Sardegna, come già fatto da ISDE Italia nel 2018, ribadisce l’urgente necessità di eliminare qualunque forma di incentivo all’utilizzo delle combustioni di biomasse per fini energetici e/o industriali. Tali pratiche dovrebbero essere penalizzate attraverso meccanismi di imposizione fiscale; se si volessero seguire le indicazioni dell’UE per il perseguimento di una reale economia circolare. Dovrebbero essere privilegiate e incentivate strategie per un recupero totale della materia, per la produzione di energia da vere fonti rinnovabili (solare, eolico, onde e maree) e per la salvaguardia della fertilità e salubrità del suolo e degli alimenti attraverso il compostaggio aerobico. Far crescere le foreste e destinare suolo a colture alimentari e non energetiche; privilegiare tecniche agronomiche che aumentino l’humus ed il sequestro di carbonio organico, rappresentano una strategia molto più vantaggiosa dal punto di vista economico, ambientale e sanitario.

L’eliminazione dei contributi statali per le fonti energetiche non realmente rinnovabili e classificate scorrettamente come “assimilate” deve essere impegno primario di tutte le forze politiche e ci auguriamo anche nell’agenda dei decisori politici della Sardegna.

ISDE come punto di raccordo tra le popolazioni e le istituzioni chiede pertanto ai decisori politici di riflettere e rivedere le scelte della realizzazione di impianti a bioenergie che intendono adottare in ragione di problematiche sanitarie già correlate alle attuali criticità ambientali in Sardegna e molto probabilmente sconosciute a gran parte della classe dirigente . Vorremmo, in conclusione, venissero predilette le strategie di prevenzione per riaffermare che la salute è una priorità nell’ambito delle scelte politiche e che il criterio di scelta è la qualità della vita e non l’interesse economico.

 

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