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ISDE FVG e AIAB FVG chiedono che la Regione FVG ritiri la richiesta di deroga all’uso del clorpirifos e, invece, strutturi e finanzi un efficace sistema di monitoraggio e gestione della patologia a livello territoriale e, allo stesso tempo, investa nella formazione degli operatori.

Clorpirifos (chlorpyrifos) e clorpirifos-metile sono insetticidi organofosforici con effetto neurotossico a largo spettro d’azione (utilizzati come gas nervini durante la seconda guerra mondiale), inibiscono l’acetilcolinesterasi, un enzima fondamentale per il funzionamento del sistema nervoso.

Utilizzati da lungo tempo su un numero considerevole di colture agricole e anche come biocidi, la loro pericolosità per effetti sullo sviluppo neurologico e per danni metabolici sull’uomo è un dato acquisito da molti anni, basato su prove scientifiche a vari livelli (su animali di laboratorio e studi epidemiologici della popolazione esposta).

Sulla base della nuova valutazione EFSA commissionata dalla Commissione europea, le due sostanze sono state recentemente vietate con Reg. 2020/17/EU e con Reg. 2020/18/EU (ISPRA 334/2020).
Già nel 2009 in un Rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità (Rapporti Istisan 09/18) veniva descritto che

“il Clorpirifos agisce come un interferente endocrino, alterando sia i livelli costitutivi di due neuropeptidi ipotalamici con importanti funzioni ormonali che la funzionalità tiroidea, con potenziali effetti a lungo termine sulla regolazione neuro-endocrina e sullo sviluppo psico-sociale dell’individuo”.

Sul sito del Ministero dell’Ambiente (http://www.minambiente.it/pagina/gli-interferenti-endocrini), gli interferenti endocrini (EDC) vengono definiti come sostanze in grado di alterare il sistema endocrino, influenzando negativamente diverse funzioni vitali quali lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e il comportamento sia nell’uomo che nelle specie animali.

Nel 2010 M. Bouchard e colleghi, dell’Università di Montreal, Canada, pubblica su Pediatrics [2010, 125(6):e1270-e1277, la rivista dell’Accademia Americana dei Pediatri], un lavoro in cui viene dimostrata nei bambini la correlazione tra Sindrome da Deficit di Attenzione/ Iperattività (ADHD) ed esposizione a Clorpirifos, documentata dalla presenza di metaboliti del pesticida nelle urine. A rischio il 10% della popolazione infantile, esposta a fitosanitari largamente utilizzati anche in Europa.

Nel 2011, V. Rauh e coll. della Columbia University di New York (USA) sulla rivista Environmental Health Perspectives (pag 1192-1201) pubblicano un lavoro che pone in evidenza deficit intellettivo dei bambini di 7 anni di età (calcolato come Working Memory Index e Full-Scale IQ) in funzione della esposizione prenatale al Clorpirifos.

Nel 2012 sempre il gruppo di V. Rauh (Proc. Natl. Acad. Sci U S A. 109(20): 7871) pubblica uno studio in cui dimostra associazioni significative tra l’esposizione prenatale al Clorpirifos, ai livelli d’uso standard, con cambiamenti strutturali del cervello dei bambini.

Nel 2019 O. von Ehrenstein dell’università di Los Angeles (UCLA), e colleghi pediatri dell’Università di Stanford, Palo Alto, California, pubblicano sul British Medical Journal (BMJ 2019; 364:1962) uno studio in cui si trova la correlazione tra esposizione prenatale e infantile al Clorpirifos e aumentato rischio di sviluppare disturbi dello spettro autistico (ASD).

Nel 2021 un gruppo di ricerca dell’università McMaster di Hamilton, Canada, dimostra un nuovo meccanismo causale tra esposizione a Clorpirifos e Obesità (Nature Communications 2021 – 12:5163)
Questi sono solo alcuni dei 636 articoli pubblicati sul Clorpirifos che trovate su PubMed, la banca dati più completa della ricerca scientifica in Medicina.

Finalmente nel 2020 l’Unione Europea accoglie la richiesta sempre più pressante, avanzata dalla comunità scientifica internazionale, di non rinnovare l’autorizzazione all’utilizzo del Clorpirifos e Clorpirifos-metile, con gli unici voti contrari di Italia e Spagna. Colpiscono le dichiarazioni dell’allora Ministro delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, che aveva dichiarato di voler fare immediatamente richiesta di deroga.

Il Clorpifiros, così come il Mancozeb e il Glifosate, è tra i fitosanitari con attività certa di Interferente Endocrino (oltre ad avere ef etti neurotossici “classici”). Molti dei nostri amministratori non hanno ancora recepito il concetto moderno di Tossicità Alimentare e che per questi prodotti, che agiscono in quantità infinitesimali, devono essere stabiliti parametri diversi per la tutela della salute pubblica.

Noi, Medici e Sanitari di ISDE, siamo fortemente preoccupati per la superficialità con cui vengono utilizzate sostanze che minacciano la salute dei nostri bambini, nella totale indifferenza dei dati pubblicati dalla società scientifica internazionale. Abbiamo sempre ribadito che negli alimenti e nell’acqua potabile sostanze con attività di Interferente Endocrino semplicemente non dovrebbero esserci. E’ affinché non ci siano, oltre ad evitarne l’esposizione diretta durante le fasi più vulnerabili della gravidanza e dell’infanzia, è necessario vietarne l’impiego per uso professionale e non professionale in agricoltura e non solo.

Ed il Clorpirifos è la molecola insetticida che la Regione FVG, assieme al Veneto, vuole riportare in uso per affrontare la recrudescenza della flavescenza dorata, una patologia della vite, causata da un fitoplasma la cui trasmissione è mediata principalmente da una cicalina, lo Scaphoideus titanus, su cui appunto agisce la molecola oggetto di richiesta di deroga. Chiaro quanto l’uso del Clorpirifos non sia un problema di residui sull’uva ed eventualmente nel vino, bensì per chi attorno alle vigne ci abita e chi nelle vigne ci lavora, umani e non solo. Oltre all’insetto, per il diffondersi della patologia, è necessaria la presenza del fitoplasma, ovvero di piante infette.

Quindi anche il controllo del patogeno deve considerare i due fattori:
1. la presenza di piante infette
2. la presenza dell’insetto

Ma com’è che ora la flavescenza dorata, nota e presente in Regione da decenni, è diventata ingestibile?

Diverse le concause, tra cui, fondamentale la negligenza nel monitoraggio e prevenzione su larga scala, ovvero il controllo della presenza dei sintomi sulle piante e dell’insetto vettore, la verifica dello stato di infezione sui vigneti gestiti ed abbandonati.

Questo era ed è il compito del Pubblico, non certo quello di usare il napalm per azzerare tutto e ricominciare da capo (con tutti i danni ecologici e sanitari del caso) e così costruendo la prossima emergenza.

Altre fondamentali concause sono:
1. il tumultuoso incremento della superficie vitata con l’intensificazione della viticoltura stessa.
2. la semplificazione degli agroecosistemi, dove i vigneti non sono più intervallati da altre colture o da superfici a vegetazione spontanea.

Lo Scaphoideus si nutre solo sulla vite, quindi se interrompiamo la continuità vitata gli rendiamo assai faticoso lo spostamento e, di conseguenza, la diffusione della patologia. Se invece costituiamo un continuum di vigneto (ad esempio quello che si è creata nella pianura pordenonese o sulle colline del Prosecco) offriamo al patogeno una vera autostrada senza nemmeno limiti di velocità. La presenza di altre colture, fasce inerbite, siepi e tutto quello che costituisce l’infrastruttura ecologica è anche fondamentale per garantire un buon livello di biodiversità e quindi contenere anche lo Scaphoideus. Insomma negli ultimi decenni abbiamo spianato la strada a questo serio problema ed ora pensiamo di affrontarlo semplificando ulteriormente, a costo della salute umana degli abitanti di tutta la Regione (tale è ormai l’espansione della coltura della vite e la mobilità della molecola che si intende usare, trasportata da aria ed acqua) e degli ecosistemi.

E gli agricoltori biologici che fanno?

Spesso indicati come untori, sono invece coloro i quali hanno sempre dovuto affrontare il problema, sin dal suo primo apparire, con maggiore studio e visione sistemica. Lo dimostrano i monitoraggi della Regione Veneto, fatti su 134 vigneti, di cui 103 convenzionali e 31 biologici, che mettono in luce come la diffusione dello Scaphoideus non sia legata all’efficacia di base dell’insetticida (non ci sono differenze sostanziali tra convenzionale e bio). Anche in Piemonte si è riscontrato in vari casi come la diffusione dei giallumi sia maggiori in vigneti convenzionali rispetto a vigneti biologici condotti con cura.

Gli agricoltori biologici attenti, appunto, coltivano il vigneto in un contesto ad alta biodiversità, hanno un puntuale controllo dei sintomi sulle piante (ed in caso estirpano subito le piante sintomatiche) ed intervengono con il piretro naturale (che non ha effetti sugli umani e il cui impatto sugli altri insetti è mitigato dalla breve durata della tossicità) con estrema precisione, sulle fasi della vita dello Scaphoideus nelle quali è maggiormente sensibile.

Il sistema usato dagli agricoltori biologici e da chi fa viticoltura integrata con buona preparazione è in grado di assicurare la gestione dell’insetto al di sopra del 90%, cosa giù più che sufficiente per contenere il problema anche a livello economico. Rincorrere la molecola con efficacia al 100%, a qualunque costo ambientale e sanitario è da incoscienti e incompetenti!

ISDE FVG e AIAB FVG chiedono che la Regione FVG ritiri la richiesta di deroga all’uso del clorpirifos e, invece, strutturi e finanzi un efficace sistema di monitoraggio e gestione della patologia a livello territoriale e, allo stesso tempo, investa nella formazione degli operatori.