Skip to main content

ISDE Italia ritiene che il negazionismo climatico possa essere pericolosamente fomentato o utlizzato da chi cerca di ostacolare e ritardare l’abbandono dei combustibili fossili, da chi non vuole che cessi lo sconsiderato consumo di suolo o l’abbattimento delle foreste, da chi non vuole che si programmi un superamento degli allevamenti e dell’agricoltura intensivi né che si metta in discussione qualsiasi altra attività che causa emissioni di gas a effetto serra nell’ambiente.
Mettere in discussione il contributo umano alle complesse modificazioni dell’ambiente che hanno come risultato il riscaldamento del pianeta aiuta infatti a perdere tempo, un tempo prezioso che esperti, istituzioni e cittadini insieme dovrebbero utilizzare per individuare da subito le modalità e le priorità per una riconversione ecologica della società.

Non a caso, lo hanno scritto più di cento scienziati, fra i quali Giorgio Parisi (Prof. emerito in fisica teorica, Sapienza Università di Roma, Premio Nobel per la Fisica 2021) rivolgendosi ai giornalisti italiani. “Parlate delle cause del cambiamento climatico, e delle sue soluzioni. Omettere queste informazioni condanna le persone al senso di impotenza, proprio nel momento storico in cui è ancora possibile costruire un futuro migliore.”

Troppo spesso, infatti, questo non avviene. Si parla di “maltempo” invece che di cambiamento climatico. E, quando se ne parla, se ne parla in maniera generica, omettendo la causa primaria, l’utilizzo di combustibili fossili che generano gas serra, e le soluzioni principali, la rapida eliminazione dell’uso di carbone, petrolio e gas,  la decarbonizzazione attraverso le energie rinnovabili e le politiche di adattamento per proteggere persone e territori da quegli effetti del cambiamento climatico divenuti ormai catastrofici. Eppure il riscaldamento globale sta sconvolgendo la vita di miliardi di persone, in particolare di quelle più vulnerabili. La crisi climatica riguarda tutti noi. 

Sulla stessa lunghezza d’onda la lettera scritta da più di 1.200 accademici inglesi alla Royal Society, l’associazione dei più eminenti scienziati del mondo per chiedere una “dichiarazione inequivocabile sulla colpevolezza dell’industria dei combustibili fossili nel guidare la crisi climatica”.

La comunità scientifica mondiale è pienamente concorde in questa direzione.

Come documentato da uno specifico position paper su emissioni climalteranti, variazioni climatiche e salute, ISDE si è sempre occupata dei mutamenti climatici con un approccio non riduzionista (non solo valutazione della CO2) e indiscutibilmente “evidence-based”. 

Ed è inevitabile che lo studio della relazione tra emissioni climalteranti, variazioni climatiche e salute venga affrontato con sguardo largo (insieme delle cause) e lungo (insieme degli effetti a medio-lungo termine).

Questo è quello che hanno fatto, con maggiore autorevolezza, gli organismi deputati a studiare il fenomeno del cambiamento climatico e dei suoi effetti, come l’IPPC, l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), l’OMS e le diverse commissioni Lancet, che mai hanno utilizzato un approccio riduzionista , producendo da anni analisi complesse che prendono in considerazioni tutte le emissioni climalteranti, la crisi dei fattori di mitigazione (ad es. taglio delle foreste, scioglimento dei ghiacciai, copertura del suolo etc.), i ritardi nel garantire un incremento delle possibilità di resilienza della popolazione a livello locale e internazionale e le conseguenze socio-economiche e sanitarie di tali ritardi.

Le analisi, condivise dalla maggior parte degli scienziati di tutto il mondo e supportate da centinaia di solide prove, studi, esperimenti e osservazioni mostrano con sufficiente chiarezza le interazioni tra i numerosi fattori in gioco, molti dei quali, in particolare quelli potenzialmente modificabili, dipendono da azioni umane e generano effetti sindemici (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC8646618/pdf/ECI-51-e13682.pdf)

ISDE ritiene che affrontare il cambiamento climatico implichi anche una critica al modello di crescita e sviluppo fin qui perseguito. A tal fine le scelte politiche si presentano particolarmente difficili, impegnative e, in ogni caso, non possono prescindere da percorsi di partecipazione e coinvolgimento di tutti gli stakeholder anche perché è necessario il contributo consapevole di tutti per modificare radicalmente i valori e i comportamenti della nostra società.

I disastri sono, peraltro, sotto gli occhi di tutti e i dati scientifici, che mostrano inequivocabilmente un incremento della frequenza e dell’intensità dei fenomeni estremi (come le ondate di calore e le tempeste di pioggia e di vento) a causa dell’aumento della temperatura media globale, coincidono con la percezione delle persone comuni che subiscono danni gravissimi (maggiore mortalità e maggiore carico di malattia, danni materiali come la perdita delle case) e, soprattutto, con quella dei giovani, che non possono immaginare un futuro in condizioni di invivibilità del pianeta terra.

L’Italia, come tutti gli altri Paesi, deve quindi procedere speditamente a programmare una riduzione delle emissioni di gas serra, soprattutto quelle da utilizzo di combustibili fossili, se vuole raggiungere gli obiettivi dell’Unione Europea e garantire la tutela delle cittadine e dei cittadini.