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Antonio Marfella, Presidente di ISDE Napoli, ha rilasciato questa dichiarazione:

“Quella delle concerie è una delle attività industriali con più alta tossicità anche per chi ci lavora. Da quando a inizio Novecento si è iniziato a usare il cromo e le produzioni sono aumentate notevolmente per l’export, l’impatto sulla salute e sull’ambiente è diventato sempre più insostenibile. Il fenomeno ‘Terra dei Fuochi’ è iniziato proprio con le concerie toscane, i cui rifiuti venivano smaltiti dalla camorra in Campania. Sulle pendici del Vesuvio ci sono ancora discariche con i rifiuti tossici delle concerie di Pistoia, non bonificate, che hanno inquinato le falde. Anche le industrie del pellame locali, lungo il Bacino del Sarno, hanno smaltito fanghi senza depurarli, basti pensare che il fiume, insieme ai torrenti Solofrana e Cavaiola, è da oltre 50 anni uno dei più inquinati d’Europa. Pure gli scarti di lavorazione del pellame, se bruciati, sprigionano fumi tossici. Purtroppo, non c’è un sistema efficiente di tracciabilità certificata dei rifiuti per costringere gli imprenditori a smaltire correttamente i rifiuti speciali e pericolosi come quelli prodotti dalle concerie”.

L’intervento di Marfella è riportato nell’articolo L’impatto delle concerie: dalla Toscana sott’acqua ai distretti di Veneto e Campani pubblicato sul sito L’Altraeconomia,