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Intervento della dott.ssa Gabriella Errico

L’ essere ambientalisti oggi contiene un nucleo di rifondazione ed un’ambizione rivoluzionaria volta a realizzare un profondo cambiamento del rapporto tra umanità e natura, tra persone e mondo naturale. Si vorrebbe cambiare la concezione di sviluppo economico trasformando il rapporto predatorio con cui l’umanità si rapporta, ormai sempre di più, con le risorse naturali verso una relazione armonica con la natura, rispettandone gli equilibri.

È un compito grandioso e complesso e sempre più non procastinabile anche alla luce del profondissimo impatto negativo che le attività umane, fondate sul profitto senza regole, rappresentano per il 39% delle specie vertebrate del pianeta. Questo è il risultato di un recente studio pubblicato su Communications Biology da parte della University of Victoria in Canada. I ricercatori hanno analizzato i dati raccolti nel 2019 dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) sull’uso e il commercio di 47.665 specie vertebrate. Questa nobile aspirazione al cambiamento comprende non solo una nuova economia ma anche un’istanza di maggior equità nelle relazioni tra Stati e tra le persone, al fine di ridurre le diseguaglianze, di comporre i dissidi con mezzi pacifici, di migliorare la condizione femminile nel mondo, nel promuovere l’istruzione ed i diritti dei bambini. In una parola non si può essere ambientalisti senza rispettare la dignità della persona umana. In riferimento a tale ambizioso progetto i giovani sono gli stakeholders principali, i naturali portatori d’interesse a che la transizione ecologica sia al più presto condotta a termine, sono proprio loro che trarranno maggior vantaggio dai nuovi green jobs, dalle opportunità professionali che la digitalizzazione e l’automazione porteranno trasformando il mondo del lavoro e da una maggior tutela dell’ambiente naturale. Tuttavia, si avverte, specie in alcuni comportamenti delle giovani generazioni, una drammatica dissonanza tra la tensione al cambiamento supportata dai principi morali sopracitati e l’impegno concreto a realizzare il tanto auspicato cambiamento. 

Quanto ancora sia lontano l’obiettivo del rispetto della dignità della persona, sorprendentemente anche di sé stessi, è fornito dai dati dei Servizi per le tossicodipendenze (SERD). L’utenza che bussa alla porta dei Servizi è cambiata molto negli ultimi anni. Spuntano sempre più spesso i volti di giovanissimi, ragazzi e ragazze più o meno in uguale misura, che a 16-17 anni hanno già provato marijuana, cocaina e pasticche di vecchia e nuova generazione. Si chiama poliabuso: è un mix di droghe associato quasi sempre all’alcol, utilizzato per i suoi effetti calmanti, perché blocca l’euforia data dagli stupefacenti. Ma in realtà crea una ulteriore dipendenza. Il poliabuso è un fenomeno in crescita che preoccupa moltissimo, perché è una costante tra le nuove generazioni. Dieci anni fa i Serd non trattavano pazienti di età inferiore ai 50 anni, ora non ci si stupisce più di fronte a ragazzini di 14 anni. Questi ragazzini spesso arrivano ai Servizi dopo avere già commesso reati, come furti e rapine, con l’obiettivo di procurarsi i soldi per acquistare la droga.  Questa problematica è stata affrontata nell’ambito della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, durante la discussione sulle dipendenze tra i teenager: non si tratta solo di oppiacei, ma anche di eroina, benzodiazepine e di altre sostanze che vengono mescolate con l’alcool o con gli psicofarmaci. 

In effetti, in questa fascia di età sembra molto diffuso, come dicevamo, il policonsumo. Droghe, bevande alcoliche, tabacco e così via. Al giorno d’oggi le sostanze stupefacenti costano di meno, e sono reperibili anche sul web. Quella tra i giovani e la droga è una combinazione allarmante, le tendenze stanno favorendo lo sviluppo della tossicodipendenza prima dei 19 anni. E pochissimi adolescenti si recano nei centri di recupero di loro spontanea volontà: molti sono lasciati a loro stessi, le loro condizioni non sono monitorate, il che rappresenta un terreno fertile per la dipendenza. Nel 2018, erano circa 88.000 i ragazzi tra i 15 e i 19 anni che hanno ammesso di aver assunto almeno una volta sostanze psicoattive: più o meno 1 su 3 tra quelli che andavano ancora a scuola. Le informazioni successive, però, sono ancora più allarmanti. Infatti, l’età media si sta gradualmente abbassando, arrivando anche a 11-14 anni. L’uso e l’abuso di droga non si limitano ai teenager, ma interessano quindi anche i bambini. Come già abbiamo evidenziato, quasi nessuno si affida a una struttura specializzata nel trattamento delle dipendenze tra i giovani. Consideriamo un numero di 300.000 persone che contattano un centro ad hoc: tra esse, solo il 10% dei soggetti ha meno di 25 anni. Stando a ciò, non è affatto semplice aiutare gli adolescenti che ne hanno bisogno. Il fattore scatenante della dipendenza si differenzia in base al carattere, alla situazione, all’ambiente in cui il/la ragazzo/a vive.  La tossicodipendenza può avere una componente genetica tra le proprie cause, ma non può essere ridotto tutto a questo. C’è chi inizia ad assumere droghe per imitare i coetanei o per sentirsi parte di un gruppo. A volte si comincia a una festa, o nel corso di una serata con gli amici: l’obiettivo è divertirsi e sperimentare un nuovo piacere, senza sapere che si può sviluppare una vera e propria dipendenza. Il consumo di droga tra i giovani può essere dovuto alla noia, alla curiosità, al desiderio di “evadere”. Pensiamo alle classiche liti familiari così come ai contesti domestici più difficili, agli insuccessi scolastici, alle delusioni con i primi fidanzati. Tutte queste circostanze possono essere la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, e che induce all’assunzione degli stupefacenti. 

Consideriamo anche che i giovani non sono sempre ben informati sugli effetti delle droghe: credono spesso che siano pericolose solo quelle chiamate pesanti, e propendono quindi verso quelle “leggere” come la cannabis. Ma la verità è che anche quest’ultima è una minaccia per la salute fisica e psicologica della persona che ne fa uso. Sarebbe ora di fermarsi a riflettere e cercare di dare concretezza all’esigenza di rispettare sé stessi e gli altri! Inoltre, è ben risaputo, ormai, che sul consumo voluttuario di droga prospera la criminalità organizzata, con la sua economia perversa che danneggia ogni sviluppo economico sano dei territori, nonché, non dobbiamo dimenticare, anche le molte migliaia di animali che vengono utilizzati, costretti a drogarsi e successivamente uccisi nei laboratori di ricerca per studiare gli effetti delle sostanze d’abuso. Almeno loro hanno il buon senso di non drogarsi, eppure pagano con la vita la stupidità di chi si ritiene padrone del mondo! 

dott.ssa Gabriella Errico