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Articolo di Francesco Romizi, responsabile comunicazione ISDE Italia, publbicato sul supplemento l’Extraterrestre del quotidiano il Manifesto il 12 settembre 2024.


Lo scorso 7 settembre si è celebrata la Giornata internazionale per l’aria pulita, un’occasione per riflettere sulle sfide globali legate alla qualità dell’aria, ma soprattutto per comprendere quanto questo problema sia profondamente intrecciato con le disuguaglianze sociali, soprattutto in Italia. In un contesto come quello italiano, dove la crisi climatica e l’ingiustizia sociale sono sempre più evidenti, la lotta per un’aria pulita non è solo una questione ambientale, ma una battaglia per l’equità sociale e la salute pubblica.

L’inquinamento atmosferico, oggi, è una delle principali cause di morte prematura nel nostro paese. Secondo una recente pubblicazione scientifica, “Air Quality in Europe” curata dall’Agenzia Europea dell’Ambiente, l’Italia è uno dei paesi europei più colpiti dall’inquinamento da polveri sottili. Nel 2020, si stima che oltre 60.000 morti premature siano state causate da livelli elevati di particolato atmosferico. Tuttavia, ciò che emerge in maniera ancora più allarmante è come l’inquinamento non colpisca tutte le persone allo stesso modo: c’è una stretta correlazione tra povertà, marginalità sociale e esposizione all’inquinamento.

Le città italiane sono tra le più inquinate d’Europa, con picchi di smog concentrati nelle grandi aree urbane e industriali del Nord, come la Pianura Padana, ma non solo. Milano, Torino, Napoli sono costantemente in cima alle classifiche per la pessima qualità dell’aria. Qui, le disuguaglianze ambientali si sovrappongono a quelle economiche: i quartieri più poveri e marginalizzati, spesso situati in prossimità di arterie stradali, zone industriali o aree meno verdi, vedono i loro abitanti esposti a livelli di inquinamento ben superiori alla media.

Chi vive in condizioni economiche disagiate ha meno possibilità di sfuggire a queste esposizioni. Non può permettersi abitazioni in zone meno inquinate, né accedere facilmente a mezzi di trasporto meno impattanti come biciclette o auto elettriche. Il risultato è un circolo vizioso: chi è più povero subisce maggiormente gli effetti dell’inquinamento e, a sua volta, questa esposizione peggiora le condizioni di salute e la qualità della vita, incrementando ulteriormente le disuguaglianze. Lo dimostra uno studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità che evidenzia come i tassi di malattie respiratorie e cardiovascolari siano significativamente più alti tra le fasce di popolazione a basso reddito.

I danni causati dall’inquinamento atmosferico non si fermano a problematiche respiratorie o cardiovascolari, come dimostrato dalla pubblicazione scientifica Air pollution and public health: emerging hazards and improved understanding of risk”. Oggi sappiamo che l’inquinamento contribuisce all’insorgenza di malattie croniche come il diabete, l’obesità, e può persino avere impatti negativi sullo sviluppo neurologico dei bambini. Un altro dato che non può essere ignorato è che il COVID-19 ha trovato terreno fertile proprio nelle aree più inquinate, dove la salute polmonare era già compromessa.

L’Italia, in questo quadro, si distingue per un ritardo allarmante nell’adozione di misure efficaci per contrastare l’inquinamento. Nonostante gli appelli da parte della comunità scientifica e le raccomandazioni dell’OMS, molte città italiane continuano a sforare i limiti di inquinanti atmosferici come il PM10 e il biossido di azoto (NO2). Ciò accade soprattutto nelle aree densamente popolate, dove i cittadini più vulnerabili sono lasciati a fronteggiare una doppia crisi: quella ambientale e quella sociale.

La lotta contro l’inquinamento atmosferico deve diventare una priorità non solo per ragioni ambientali, ma per il profondo legame che ha con le disuguaglianze sociali. Il divario tra chi può permettersi di vivere in ambienti più sani e chi è condannato a respirare aria inquinata è una ferita aperta nel cuore della nostra società.

Il legame tra disuguaglianze socioeconomiche e inquinamento atmosferico è stato analizzato in profondità dallo studio “Socioeconomic Deprivation Status and Air Pollution by PM10 and NO2: An Assessment at Municipal Level of 11 Years in Italy”, che rappresenta una delle ricerche più dettagliate sul rapporto tra lo status socioeconomico e l’esposizione a inquinanti atmosferici in Italia. Questo studio analizza i dati raccolti su un periodo di 11 anni a livello comunale, con un focus su due dei principali inquinanti: il particolato fine e il biossido di azoto (NO2).

Il lavoro evidenzia come esistano forti disuguaglianze nell’esposizione all’inquinamento atmosferico tra le diverse fasce della popolazione italiana, in particolare in relazione allo status socioeconomico. 

Questo fenomeno, definito come “ingiustizia ambientale”, non è solo una questione di accesso a un ambiente sano, ma è anche strettamente legato alla salute pubblica. Lo studio documenta come le comunità più povere siano più vulnerabili agli effetti negativi dell’inquinamento atmosferico, che aggrava malattie preesistenti come l’asma, le malattie cardiache e le patologie respiratorie croniche. I tassi di ospedalizzazione e mortalità prematura nelle aree più esposte risultano significativamente più elevati, un dato che sottolinea la necessità di interventi mirati da parte delle istituzioni.

Lo studio solleva una questione fondamentale: come le politiche ambientali possono essere orientate per affrontare queste disuguaglianze? L’analisi suggerisce che le politiche di riduzione dell’inquinamento debbano essere integrate con strategie sociali che tengano conto dello status economico dei cittadini. Interventi come l’espansione del trasporto pubblico ecologico, la promozione di spazi verdi nelle periferie e la limitazione del traffico nelle aree più inquinate potrebbero ridurre significativamente l’impatto sulla salute delle fasce più vulnerabili.

In conclusione, la ricerca fornisce una chiara evidenza del fatto che, in Italia, la lotta contro l’inquinamento atmosferico deve essere considerata una priorità sociale, oltre che ambientale. È fondamentale che le politiche pubbliche siano indirizzate non solo alla riduzione delle emissioni, ma anche alla tutela delle comunità più esposte, colpendo così il doppio bersaglio della giustizia ambientale e della salute pubblica.

Francesco Romizi