Oltre 100 organizzazioni non governative, tra cui Amnesty International, Children’s Rights International Network, Greenpeace e ISDE (International Society of Doctors for Environment), hanno chiesto all’Unione Europea di fermare le scappatoie «ipocrite, crudeli, ingiuste e intollerabili», che permettono alle aziende europee di arricchirsi esportando all’estero prodotti tossici vietati all’interno del mercato unico comune.
Il rapporto congiunto, sottoscritto da 117 firmatari, chiama in causa le leggi UE che regolano il commercio e l’uso, tra gli altri, di pesticidi, giocattoli per bambini, prodotti chimici, plastiche monouso e sistemi di intelligenza artificiale invasiva. Si tratta di beni definiti pericolosi, e che tuttavia possono essere venduti fuori dall’Europa.
«È scandaloso che i divieti dell’UE sulla vendita di prodotti tossici non vengano applicati quando questi sono destinati a Paesi extra-UE», dichiara Federica Ferrario di Greenpeace Italia. «Dalla plastica usa e getta ai pesticidi, i politici europei sono consapevoli che questi beni sono dannosi per l’ambiente e per la salute delle persone, ma hanno scelto di anteporre il profitto al benessere delle comunità più vulnerabili che vivono in altre parti del mondo».
Già nel 2020, un’indagine di Public Eye e Greenpeace UK aveva rivelato che circa 80 mila tonnellate di pesticidi contenenti sostanze vietate in Unione Europea sono state esportate nel 2018. Sempre nel 2020, dai dati diffusi dall’Agenzia europea delle sostanze chimiche (ECHA) era emerso che oltre 660 mila tonnellate di sostanze illegali o severamente limitate sul continente europeo sono state commercializzate in Paesi extra-UE, mettendo a rischio la salute delle persone.
Il paradosso è che queste pratiche commerciali elusive finiscono per danneggiare anche le cittadine e i cittadini europei. Come denunciato da Greenpeace Germania nel 2023, pesticidi tossici illegali in Europa ma venduti all’estero rientrano nel territorio europeo sottoforma di prodotti agricoli importati che contengono un mix di sostanze tossiche potenzialmente dannose per la nostra salute.
«È giunto il momento di porre fine a questo doppio standard che viola gli impegni ambientali dell’UE e scredita le ambizioni del Green Deal», dichiara Stephanie Kpenou, Advocacy Officer per la riforma della politica commerciale presso l’Istituto Veblen. «Questa situazione ingiustificabile è un’ulteriore dimostrazione di come la politica commerciale dell’UE sia spesso concepita e implementata senza tenere conto degli impatti negativi sul clima, sulla biodiversità e sui diritti umani».
Ad oggi, i regolamenti europei che possono essere facilmente elusi dalle aziende e che permettono il commercio di prodotti tossici violano il diritto alla salute dei consumatori, fuori e dentro l’area Schengen. Tuttavia, l’Unione Europea ha adottato anche normative più stringenti, che vietano in modo esplicito l’esportazione di alcune merci verso Paesi extra-UE. Un esempio è il regolamentoche proibisce la vendita di beni realizzati tramite sfruttamento e lavoro forzato, insieme a quello che regola l’uso del mercurio. Questi due casi rappresentano un precedente importante, dimostrando che esiste già un quadro normativo efficace per contrastare questo doppio standard.