“Superiamo gli allevamenti intensivi”. È stata pubblicata il 24 luglio sul sito della Camera la proposta di legge “Oltre gli allevamenti intensivi. Per una transizione agro-ecologica della zootecnia” presentata lo scorso febbraio a Montecitorio dalle associazioni Greenpeace Italia, Isde-Medici per l’ambiente, Lipu, Terra! e Wwf Italia. Oltre alle firme dei primi 15 parlamentari, in questi mesi si sono aggiunte anche quelle di Paolo Ciani (Pd), Chiara Gribaudo (Pd), Marco Lacarra (Pd), Patrizia Prestipino (Pd), Nadia Romeo (Pd), Arturo Scotto (PdD), per un totale di 21 sottoscrizioni provenienti da cinque diversi gruppi politici.
Il testo di legge si propone di rendere protagoniste le piccole aziende agricole, riconoscendo il giusto prezzo ai piccoli produttori e garantendo ai consumatori l’accesso a cibi sani e di qualità, secondo i valori positivi del made in Italy: un cambiamento che, secondo le associazioni proponenti, deve partire da un freno all’ulteriore espansione dei maxi-allevamenti intensivi, specie nelle zone che già subiscono le conseguenze ambientali e sanitarie di un eccessivo carico zootecnico. Per incoraggiare la transizione ecologica delle grandi e medie aziende, la proposta prevede inoltre un piano di riconversione del comparto, finanziato con un fondo dedicato e, nell’immediato, una moratoria all’apertura di nuovi allevamenti intensivi e all’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti.
Ora i proponenti chiedono che il Parlamento calendarizzi la discussione del disegno di legge. “Siamo molto soddisfatti – dichiarano i proponenti – che altri parlamentari abbiano deciso di sottoscrivere il testo di legge: una proposta di buon senso, improntata alla tutela dell’ambiente e della salute pubblica, ma anche al sostegno dei lavoratori del comparto e del benessere animale. Ci auguriamo ora che il testo venga calendarizzato per essere discusso alla Camera alla ripresa dei lavori”.
Gli eventi climatici estremi sempre più frequenti, con pesanti ricadute sulla qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo, così come la crisi del settore agro-zootecnico, “impongono una rapida transizione verso un modello che abbandoni i metodi intensivi e punti a una maggiore efficienza alimentare, prediligendo produzioni a più basso consumo di risorse e dai minori impatti ambientali, sociali e sanitari. Per questo, in autunno saremo impegnati nell’organizzazione di nuove iniziative a sostegno della proposta, con il coinvolgimento degli enti locali e dei territori che fanno i conti con le ricadute di questo sistema divenuto ormai insostenibile”.
“Il settore zootecnico consuma molta acqua ed emette gas serra, contribuendo pesantemente alla crisi climatica. È un sistema che deve cambiare”, dichiara Eleonora Evi, deputata Pd, segretaria di presidenza dell’intergruppo parlamentare per i diritti degli animali e prima firmataria del testo insieme alla presidente dell’intergruppo Vittoria Brambilla. “Ecco perché è così importante calendarizzare quanto prima la proposta di legge per superare gli allevamenti intensivi e, soprattutto, dare una nuova prospettiva ecologica al settore dell’agricoltura”.
L’inquinamento da ammoniaca e polveri sottili
Il sistema zootecnico, ricordano le associazioni, è responsabile di oltre due terzi delle emissioni nazionali di ammoniaca con conseguenze sulla salute umana, specie per le emissioni di polveri sottili. Gli oltre 600 milioni di animali allevati in modo intensivo ogni anno in Italia richiedono un grande uso di risorse spesso sottratte al consumo diretto umano. Due terzi dei cereali commercializzati nell’Ue diventano mangime e circa il 70% dei terreni agricoli europei è destinato a coltivazioni per l’alimentazione animale che richiedono l’utilizzo di enormiquantitativi di acqua. Le condizioni di lavoro sono spesso dure e precarie. E non da ultimo il sistema intensivo ha un impatto diretto e indiretto sulla biodiversità, sia degli ambienti agricoli che di quella acquatica a causa dell’eutrofizzazione delle acque. A ciò si aggiunge che il comparto agro-zootecnico soffre di grandi iniquità: l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce nelle casse di appena il 20% dei beneficiari, un sistema che penalizza le piccole aziende e favorisce le più grandi.
“Una riconversione del sistema attuale è urgente anche alla luce del mancato raggiungimento dei target in materia di inquinamento ambientale: dalla direttiva Nec, che impegna l’Italia a ridurre le emissioni di ammoniaca e di PM2,5, alla direttiva Nitrati e alla direttiva quadro sulle Acque per il raggiungimento del buono stato ecologico di fiumi e laghi, fino alla necessaria implementazione delle Strategie Farm to Fork e Biodiversità 2030, secondo cui i sistemi alimentari devono urgentemente diventare sostenibili e operare entro i limiti ecologici del pianeta”.