Skip to main content

I modelli animali sono stati per molti decenni di estrema importanza nella valutazione dei profili di sicurezza delle terapie farmacologiche. Tuttavia questi modelli hanno il difficile compito di avvicinarsi alla biologia umana e frequentemente possono mancare l’obiettivo.

Oltre il 90% dei farmaci che entrano nella fase 1 dei trial clinici, fallisce mostrando tossicità nell’uomo. Nonostante la portata di questi numeri, molti credono che i modelli animali siano sufficienti per predire le risposte ai farmaci nell’uomo.

Nel corso del novecento i modelli animali hanno consentito di testare le sostanze su organismi complessi, che mostravano reazioni frutto di apparati interconnessi tra loro. Ma i migliori modelli animali rimangono sempre modelli. Le differenze genetiche e fisiologiche in essere tra le specie influiscono sia sulla modalità di distribuzione del farmaco, sia sul suo metabolismo. Questo si traduce, secondo gli autori, in una predittività degli effetti tossici dei farmaci sull’uomo, di poco superiore a quella che si avrebbe lanciando una monetina. 

Esaminando le cause del ritiro dei farmaci dal commercio al primo posto troviamo proprio la tossicità. Nel 2014 si è condotto uno studio nel quale 2366 farmaci sono stati testati nell’uomo e negli animali, concludendo che l’assenza di tossicità nell’animale non ha alcun rilievo nell’escludere un’eventuale reazione avversa nell’uomo.

Ancora molti sono sicuramente gli aspetti che necessitano di sviluppo, miglioramento e integrazione, ma tuttavia è l’inerzia il principale ostacolo alla diffusione di queste nuove tecnologie di ricerca. 

L’autore conclude sostenendo, con la celebre frase “Il re è nudo”, come la verità sulla fallacia dei modelli animali sia ormai ben nota a tutti, ma sia nel contempo taciuta.

Per quanto elaborare modelli del corpo umano possa essere una sfida, perseverare con modelli obsoleti che da tempo hanno mostrato tutti i loro limiti, non ha senso e dunque occorre lavorare per mettere a punto nuovi modelli di ricerca, “dobbiamo capire che il topo non ha vestiti e che esistono modelli migliori per la ricerca nell’uomo.”