La bozza del decreto fanghi dello scorso giugno desta forti preoccupazioni da parte di European Consumers e dell’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia. “Questo nuovo decreto mira, secondo noi ma anche di fatto, a rendere più agevole lo spandimento dei fanghi di depurazione a prescindere dalla presenza o meno in essi di sostanze tossiche”.
Acque reflue urbane. I fanghi prodotti attraverso il loro processo di depurazione sono da tempo utilizzati come fertilizzanti in agricoltura, forti del loro contenuto di sostanze organiche. Il riutilizzo agronomico dei fanghi costituisce infatti, da un lato, una soluzione al problema del loro smaltimento. Tuttavia, a causa della possibile presenza di composti organici nocivi e metalli pesanti, i fanghi di depurazione sono a tutti gli effetti dei rifiuti e, in quanto tali, le loro attività di deposito, trattamento e trasporto devono essere regolamentate. In particolare -pena la sicurezza agroalimentare- la garanzia della qualità dei fanghi deve essere costantemente assicurata da controlli e analisi.
Eppure, secondo quanto denunciato in una nota congiunta da parte di European Consumers e dell’Associazione Medici per l’Ambiente ISDE Italia, la bozza del decreto fanghi tuttora in esame non garantisce la sicurezza auspicata. La bozza del decreto, attualmente in discussione presso il Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e intitolato “Disciplina della gestione dei fanghi di depurazione delle acque reflue e attuazione della direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell’ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura”, è stata presentata il 28 Giugno. Riguarda la revisione sulla Normativa sui Fanghi di depurazione per uso agricolo, inserita surrettiziamente la prima volta nel “Decreto Genova” del 2018.
“Questo nuovo decreto mira, secondo noi ma anche di fatto, a rendere più agevole lo spandimento dei fanghi di depurazione a prescindere dalla presenza o meno in essi di sostanze tossiche” si legge nel comunicato. “Nonostante i nostri appelli e richieste di chiarimenti, le Autorità Competenti non sono state in grado di spiegare perché i limiti non dovrebbero rispettare il decreto legislativo 152/2006 e cioè la soglia più bassa. I reflui urbani che finiscono nei depuratori non contengono solo idrocarburi di origine animale o vegetale, ma anche 10 oli e idrocarburi minerali. Appare giusto pretendere che in questi, attraverso opportuni processi di selezione, fermentazione e compostaggio, gli idrocarburi siano al di sotto dei più bassi limiti identificati come sicuri per la salute umana e ambientale. Per rendere accettabili i livelli non si deve sollevare il limite, ma prevenire la dispersione a monte”.
In particolare, le maggiori preoccupazioni riguardano:
- la declassificazione dei fanghi, compresi quelli industriali, dall’originaria categoria di “rifiuto speciale”, con una conseguente eccessiva semplificazione nella gestione;
- limiti inadeguati e riguardanti anche nuovi composti e sostanze potenzialmente pericolose come, ad esempio, il mercurio; il recepimento di una direttiva già recepita e senza delega al Governo;
- assenza di sanzioni riguardanti alcuni casi e rischi;
- la profilazione di possibili deroghe da parte delle regioni e, di contro, l’obbligo imposto agli enti locali ad accettare sul proprio territorio lo spandimento.
Secondo i due enti, mancano alcune fondamentali precauzioni necessarie a gestire in modo adeguato la raccolta, il trattamento e la distribuzione dei reflui urbani (sottovasche ai serbatoi non idrici, controtubi agli impianti che veicolano sostanze pericolose, incentivi per trattamenti sostenibili, per citarne alcune).
Per queste e altre ragioni, il comunicato (qui pubblicato in versione integrale) conclude con parole a dir poco sconfortanti: “Sono necessarie, quindi, significative correzioni del Decreto in oggetto per evitare la diffusione di POPs e altre sostanze nocive nei terreni agricoli così come è necessario agire per la definizione di limiti guida nazionali per individuare e monitorare l’inquinamento dei suoli agricoli, in particolare, in coincidenza con lo spandimento di fanghi. Si considera quindi incoerente e pericolosa dal punto di vista ambientale l’intera impalcatura di tale normativa che, invece di andare verso produzioni sempre più sicure, favorisce di fatto la contaminazione ambientale”.
Fonte: nonsoloambiente.it