Rinunciare alle parate è possibile e necessario e ne trarrebbero vantaggio anche l’ambiente e la salute.
Le parate militari rappresentano il modo più retorico e sbagliato di celebrare ricorrenze quali il 4 novembre e il 2 giugno; due date che in Italia meriterebbero un maggior approfondimento storico e ben altri tipi di celebrazione.
Il 4 novembre dovrebbe essere un giorno di lutto nazionale a ricordo di tutte le vittime della Prima guerra mondiale, un massacro, che poteva essere evitato per vie diplomatiche, e che portò invece, anche per la sudditanza della politica agli interessi dell’industria bellica, alla morte di oltre 600 mila militari, uccisi sul solo fronte italiano, spesso poco più che ragazzini, e che vide l’utilizzo su larga scala dei gas chimici asfissianti inaugurando così l’epoca della guerra chimica.
Una guerra imposta alla popolazione italiana che ne pagò drammaticamente le conseguenze in termini di reduci profondamente segnati dall’orrore di ciò a cui avevano presero parte, vedove, orfani, mutilati, povertà e disoccupazione dilaganti, ingiustizie sociali e riduzione dei diritti personali e collettivi che poi aprirono la strada all’affermazione del ventennio fascista (*)
Il 2 giugno festa della Repubblica, della libertà e democrazia riconquistate è la festa della nostra Costituzione, la Carta dei diritti e dei doveri di ogni cittadino.
La Costituzione all’articolo 11 afferma: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Proprio questo ripudio ci fa capire quanto siano inappropriate tutte le ostentazioni militari soprattutto in occasione di momenti di memoria collettiva per la nostra nazione.
Allora meglio sarebbe che queste iniziative fossero simboliche cioè prive di mezzi ma che a sfilare fossero persone, enti, sindacati, operatori del mondo sanitario, insegnanti e studenti, rappresentanze dei vigili del fuoco, carabinieri, polizia, militari impegnati in operazioni di peacekeeping, magistrati, associazioni di volontariato e tutti quelli che incarnano nel loro agire quotidiano il dettato Costituzionale. Una sfilata di persone che si sono distinte e che lavorano per fare dell’Italia un paese migliore.
Rinunciare alle parate è possibile e necessario e ne trarrebbero vantaggio anche l’ambiente e la salute.
Ogni parata militare rappresenta un notevole dispendio di risorse, si parla per le più recenti di oltre 2 milioni di euro ciascuna; risorse che potrebbero essere utilizzate per la spesa sanitaria e la scuola e il sostegno alle famiglie più povere.
Secondo l’ ISTAT, dati relativi al 2022, sono circa 2.180.000 e famiglie povere, mentre i minori in povertà assoluta sono 1.270.000 (13,4%); tutto ciò a fronte di un incremento delle spese militari che per il 2023 ha toccato quota un miliardo e trecento milioni di euro.
Il finanziamento della difesa è in continuo aumento mentre contestualmente si riduce il finanziamento per la sanità pubblica. L’Italia è tra i paesi europei, con Francia e Germania, che producono più armi e nel 2022 il primo produttore di armi dell’ Unione Europea per ricavi di vendite è stata l’ italiana Leonardo ( 12 in classifica mondiale). Questo non è più tollerabile.
Le parate militari sono una fonte rilevante di inquinamento puntuale, per lo spostamento, anche da notevoli distanze di personale arruolato e mezzi militari alimentati da combustibili fossili.
Sono un rischio per l’incolumità dei presenti per possibili incidenti, come quello occorso durante le esibizioni della pattuglia acrobatica nazionale tedesca nella base Nato di Ramstein, in Germania, il 28 agosto 1988 che fece 67 vittime -tra cui i tre piloti- e 346 feriti.
Diversi anche gli incidenti occorsi alle frecce tricolori italiane tra questi quello di Torvajanica nel 1973 nel quale un pilota morì e l’altro rimase gravemente ferito e l’incidente di Codroipo (Udine) nel 1974 nel quale morirono i due piloti protagonisti dello scontro aereo.
Un triste e recente aggiornamento ci viene purtroppo da quanto accaduto il 16 settembre 2023 a Torino, presso l’aeroporto di Caselle, dove un aereo delle frecce tricolori si è schiantato contro un’auto che stava transitando sulla strada adiacente all’aeroporto e nello schianto è morta una bambina di 5 anni, rimasta intrappolata nelle fiamme. Questo ultimo e tragico incidente ci ricorda che anche i jet della pattuglia acrobatica sono aerei da guerra ovvero strumenti di morte.
L’Italia possiede più di cinquecento aerei militari: ognuno di questi in un’ora di volo consuma mediamente 10-12mila litri di combustibile generando in un anno 642mila tonnellate di anidride carbonica equivalente, “un valore paragonabile alle emissioni di un processo quale la produzione di vetro in Italia nello stesso anno. A livello nazionale, gli aerei militari contribuiscono per circa lo 0,17 per cento delle emissioni totali”. L’aviazione civile è ritenuta responsabile di circa il due per cento delle emissioni di anidride carbonica. Gli aerei militari, come gli aerei civili, generano molti inquinanti dannosi e pericolosi come il metano, gli ossidi di azoto, polveri sottili-PM etc. che determinano un impatto negativo sull’ambiente, la salute e il clima (https://www.milex.org/).
Da considerare inoltre che il complesso militare-industriale, è una delle principali cause del cambiamento climatico e dell’inquinamento dell’aria.
L’articolo “Decarbonize the military – mandate emissions reporting pubblicato sulla rivista “Nature” mostra come le forze armate mondiali abbiano un’enorme Carbon footprint -impronta di carbonio- ovvero di livello di emissioni di gas serra. Le stime, per approssimazione, variano tra l’1% e il 5% delle emissioni globali. L’esercito americano è il più grande al mondo in termini di spesa. Se paragonato ad una nazione le forze militari statunitensi avrebbero le emissioni pro capite più alte del pianeta, eppure le forze armate sono in gran parte risparmiate dalla rendicontazione delle emissioni di gas serra (https://www.milex.org/).
Sappiamo che sono circa 60 i conflitti armati in corso nel mondo tra cui quello in Ucraina e quanto sta accadendo nella striscia di Gaza in Palestina con la terribile strage di bambini e civili in ambedue le parti.
Tra le conseguenze delle guerre ci sono anche la distruzione dell’ambiente e della sua biodiversità.
Ad esempio gli incendi boschivi sono una conseguenza dei bombardamenti e del lancio di missili ma anche del fatto che, come un jet o qualsiasi altro velivolo, i caccia militari ed aerei da bombardamento possano bruciare terra e foreste volando a bassa quota o sganciando bombe a grappolo.
Le conseguenze degli incendi di boschi e foreste contribuiscono all’incremento della CO2 e si riverberano anche sulla fauna selvatica, in termini di morte e fuga degli animali e quindi in alterazioni degli ecosistemi a causa della distruzione di habitat e nicchie ecologiche.
Altro elemento di inquinamento sono le polveri sottili – PM, gas nocivi, metalli pesanti-in particolare piombo e uranio impoverito-virus, batteri ed elementi radioattivi che possono essere rilasciati nell’ambiente a seguito anche di distruzione di edifici civili, fabbriche, laboratori, aree militari e centrali nucleari.
E’ sempre più urgente quindi l’impegno di tutti per la pace.
Chiedere che siano abolite le parate militari è parte di questo impegno che è connesso all’impegno per proteggere e tutelare l’ambiente da ogni inquinamento e così la biosfera, gli ecosistemi, la biodiversità e la salute a beneficio delle attuali e future generazioni per assicurare loro un futuro dignitoso, in un’ottica di salute unica e globale ovvero One Health per tutte le specie viventi sul nostro pianeta.
Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia