di Renata Alleva (nutrizionista, dirigente di ISDE Italia e vicepresidente dell’ordine dei biologi dell’Emilia Romagna – Marche)
[Relazione presentata in occasione dell’evento “Stop pesticidi nel piatto”]
E’ ormai noto che l’esposizione cronica, a basse concentrazioni di pesticidi e prolungata nel tempo, (lavorativa, residenziale o attraverso la catena alimentare) rappresenta indubbiamente un importante fattore di rischio associato all’insorgenza di molte patologie sia in età pediatrica che in età adulta (1).
Sebbene gli effetti sulla salute dipendano dalla tipologia e natura chimica del pesticida, possiamo affermare che i più diffusi nell’ambiente, erbicidi, funghicidi, insetticidi sono tutti responsabili, con diversi meccanismi di azione Tab,1).
Alcuni, come gli organo fosfati e i carbammati, influenzano il sistema nervoso, altri pesticidi, possono essere cancerogeni, o interferenti endocrini, ossia capaci di indurre alterazione del normale funzionamento ormonale e del sistema endocrino, perturbando la fisiologia dell’esposto. Tra le malattie correlate all’azione dei pesticidi come interferenti endocrini vi sono patologie dismetaboliche (obesità, diabete, sindrome metabolica) e patologie legate al genere in relazione ad effetti sugli ormoni estrogeni e androgeni (2).
La funzione ormonale può essere alterata in seguito alla esposizione ai pesticidi in molti modi tra cui alterazioni nella sintesi e rilascio dell’ormone, alterazioni nel trasporto e suo metabolismo; modificazioni delle interazioni e legami con i recettori ormonali. Nel sesso femminile, tale effetto è considerato la causa di effetti avversi sulla salute della donna durante la gravidanza e del feto. In sintesi, le evidenze scientifiche che rendono l’esposizione a pesticidi particolarmente preoccupanti per la salute umana sono principalmente tre: la prima e’ che queste sostanze sono persistenti per anni nell’ambiente e ubiquitarie nella catena alimentare e nell’ambiente; la seconda che possono esercitare l’effetto nocivo non solo su chi e’ esposto- ma colpendo anche le cellule riproduttive- si possono trasmettere alle generazioni successive mediante un meccanismo epigenetico ( fig.1); la terza che gli effetti si manifestano spesso molti anni dopo, e questo rende l’esposizione in “utero” particolarmente critica sia per i disturbi del neuro-sviluppo che per alcuni tumori che si manifestano in età pediatrica e neonatale (3).
Infatti, l’esposizione pre-concepimento dei genitori e l’esposizione in utero a sostanze chimiche, come i pesticidi, causano alterazioni epigenetiche nella linea germinale che possono essere trasmesse tra le generazioni e influenzano la suscettibilità alle malattie (incluso il cancro) nella progenie. Diversi meccanismi giocano un ruolo potenziale nella trasmissione intergenerazionale e transgenerazionale della predisposizione alla malattia, tra cui la metilazione del DNA, i modelli di metilazione del DNA associati al fattore di trascrizione, le modificazioni degli istoni e gli RNA non codificanti (4).
E’ stato inoltre dimostrato che l’esposizione cronica a pesticidi per motivi residenziali, induce un danno ossidativo al DNA, che e’ proporzionale alla intensività dei trattamenti, che mandando in affanno il sistema di riparazione cellulare, generano una serie di danni “silenti” che se non riparati, con il tempo si accumulano nella cellula e possono indurre il processo di carcinogenesi anche in associazione ad altri fattori di rischio (5).
Esposizione a pesticidi e rischio tumorale in età pediatrica e adulta
Una meta-analisi di diversi studi epidemiologici ha trovato una relazione tra l’esposizione materna prenatale ai pesticidi e lo sviluppo della leucemia infantile (6).
Diversi Studi epidemiologici hanno dimostrato che l’esposizione ai pesticidi, anche a basse dosi, durante la gravidanza o la prima infanzia aumenta il rischio di leucemia nei bambini (7).
È stata anche identificata un’associazione con l’esposizione professionale paterna ai pesticidi, ma i risultati sono stati meno coerenti (8).
Tuttavia, l’esposizione paterna (peri-concepimento) ai pesticidi professionali è stata associata al rischio di leucemia linfoblastica acuta (LLA) nella prole in un’altra coorte umana. I risultati sono stati più evidenti nei bambini diagnosticati a 5 anni di età o più e in quelli con diagnosi di LLA delle cellule T (9).
Il neuroblastoma colpisce soprattutto i bambini di età inferiore ai cinque anni ed è il tipo più comune di neoplasia nei bambini di età inferiore a 1 anno. Una recente meta-analisi suggerisce che l’esposizione pre-concepimento e prenatale dei genitori ai pesticidi è legata all’aumento dei tassi di questi tumori pediatrici (10).
Nel complesso, le associazioni tra le esposizioni ai pesticidi sono più forti per i bambini diagnosticati dopo l’età di un anno rispetto ai bambini in un altro studio (11).
Un esempio invece di danno trans-generazionale proviene dalle analisi epidemiologiche che utilizzano i Child Health and Development Studies (CHDS) e altre coorti, che hanno mostrato che le esposizioni allo sviluppo al DDT sono associate ad un aumento dei tassi di cancro al seno (x). Ad esempio, le figlie di donne esposte ad alti livelli di DDT in gravidanza hanno un aumento di circa cinque volte del rischio di cancro al seno e hanno maggiori probabilità di essere diagnosticate con tumori in stadio avanzato (12) e questo e’ stato spiegato dalla capacita’ del DDT di alterare l’espressione di tre geni associati alla suscettibilità al cancro al seno (CCDC85A, CYP1A1 e ZFPM2), mediante processi di metilazione e causando cosi conseguenze per tutta la vita.
Una elevata incidenza di patologie tumorali ematologiche sono documentate negli agricoltori (13) e recentemente uno studio ha documentato la maggiore incidenza di Linfomi non Hodkings in relazione all’uso di glifosato (14).
Lo studio che ha analizzato i dati di oltre 30,000 agricoltori e lavoratori agricoli provenienti da studi condotti in Francia, Norvegia e Stati Uniti e ha riportato collegamenti tra glifosato e linfoma diffuso a grandi cellule B (15).
Patologie del neuro-sviluppo e neuro-degenerative
La neurotossicità indotta da pesticidi è considerata come uno dei più importanti problemi di salute umana, poiché la maggior parte dei pesticidi tra cui organoclorurati, organofosfati, carbammati, agisce principalmente mirando alla struttura e ai componenti del sistema nervoso (16).
L’esposizione cronica a pesticidi e’ stata studiata sia in relazione a patologie neurodegenerative (Alzheimer, Parkinson, sclerosi laterale amiotrofica, sclerosi multipla), che a patologie del neurosviluppo, che comprendono, disturbo da deficit di attenzione e iperattività, disturbi dello spettro autistico, ritardo dello sviluppo e disabilità intellettiva), o altri disturbi neurocomportamentali e neuropsichiatrici (depressione /ansia / insonnia e deterioramento cognitivo) alcuni dei quali sono tra i più problemi di salute umana debilitanti.
Già nel 2007 era stato riportato che il clorpirifos, insetticida organofosforico, bandito solo nel 2020 dall’EFSA, a basse concentrazioni era in grado di alterare oltre il 60% di 252 geni coinvolti nel neurosviluppo (17). Mentre una recente revisione sul ruolo dei pesticidi e disturbi del neuro-sviluppo e, dello spettro autistico, iperattività, deficit del QI, evidenziato che tutti sono stati associati ad esposizione a pesticidi parentali o “in utero”, e che l’associazione era più forte per insetticidi 79%. Nello studio Charge pubblicato nel 2014, l’esposizione al Clorpirifos di gestanti residenti in aree agricole intensive e’ stato associato ad una aumentata incidenza di autismo nei nascituri (18).
Per quanto riguarda invece le patologie neurodegenerative, l’esposizione lavorativa a pesticidi, e’ associata ad un aumentato rischio di sviluppare un Parkinson, che per tali motivi, e’ riconosciuta malattia professionale in Francia, dal 2012. A maggiore conferma, recentemente e’ stata pubblicata una meta-analisi (19), che ha analizzato le esposizioni professionali in relazione al rischio di ammalarsi di SLA, Alzheimer oltre che al morbo di Parkinson, da cui e’ emerso che l’esposizione a pesticidi, aumenta il rischio del 50% di ammalarsi di tutte le patologie citate e le associazioni maggiori sono con pesticidi non classificati (39%), con insetticidi (36%) e con erbicidi 16% (glifosato).
Particolarmente interessante appare l’aumentato rischio di patologie neurodegenerative quali il Parkinson, in seguito al consumo di acqua contaminata da pesticidi, compreso il clorpirifos (20).
I meccanismi di azione di neurotossicità-indotta da pesticidi, vengono principalmente attribuiti ad una sovraproduzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) che provocano uno stress ossidativo nelle cellule nervose. In generale, il sistema nervoso è molto suscettibile al effetti dannosi dei ROS e degli altri radicali liberi a causa dell’elevato consumo di ossigeno, alto quantità di acidi grassi insaturi nella mielina e bassa capacità del sistema di difesa antiossidante (21).
Sebbene lo stress ossidativo sia stato proposto come importante meccanismo per la neurotossicità dei pesticidi, altri meccanismi epigenetici possono intervenire nella neurotossicità che sono legati al mitocondrio, un organanulo che e’ un regolatore dei processi di morte cellulare
Altre patologie
L’esposizione a pesticidi e’ associata a molti altre patologie seguenti rischi per la salute umana da esposizione a pesticidi, danni al sistema immunitario, danni riproduttivi, in particolare riduzione della fertilità maschile, danni al sistema endocrino (in particolare alla tiroide), danni di vario genere alla salute infantile per esposizione in utero (otite, asma, stress respiratorio, diminuzione della crescita fetale e durata della gestazione, alcuni tipi di malformazioni, quali criptorchidismo e ipospadia nei maschi, puberta’ precoce nelle femmine) ( 22 ).
Dato l’aumento di incidenza delle patologie tiroide, e’ particolarmente interessante citare uno studio caso-controllo su popolazioni spagnole che vivono in aree classificate come ad alto o basso uso di pesticidi secondo criteri agronomici. Lo studio effettuato su 79.431 individui con diagnosi di gozzo, tireotossicosi, ipotiroidismo e tiroidite e 1.484.257 controlli appaiati per età, sesso e area di residenza, ha concluso che le malattie della tiroide erano significativamente più alti nelle aree con un uso più elevato di pesticidi, con un rischio maggiore del 49% per ipotiroidismo, 45% per tireotossicosi, 20% per tiroidite e il 5% per il gozzo (23).
Insieme alle patologie tiroidee, negli ultimi decenni, è stata segnalata anche una crescente incidenza di infertilità maschile, concomitante con l’uso crescente di pesticidi e la loro la capacità di persistere nell’ambiente per lunghi periodi di tempo, nonché di bioaccumularsi nella catena alimentare, contribuendo così alla loro esposizione cronica. Inoltre, i pesticidi possono agire come sostanze chimiche che alterano il sistema endocrino (EDC), interferendo con la normale funzione degli ormoni naturali (che sono responsabili della regolazione del sistema riproduttivo), o anche come obesogeni, promuovendo l’obesità e le comorbidità associate, come l’infertilità. L’evidenza epidemiologica supporta l’associazione tra pesticidi e fertilità maschile per i lavoratori e la popolazione esposta in termini di qualità del seme, frammentazione del DNA e aneuploidia cromosomica.(24).
Analogamente, uno studio su 325 donne sottoposte a fecondazione assistita ha mostrato che le donne che introducevano alimenti con alti livelli di residui di pesticidi (mele, cavoli, fragole e spinaci crudi) – più di due porzioni al giorno – avevano il 18% in meno di probabilità di avere una gravidanza (25).
Effetti sul microbiota
Nuovi studi hanno fornito ampie prove che l’esposizione alimentare a pesticidi, possono influenzare negativamente la salute dei consumatori causando alterazioni del microbioma intestinale (26).
Sempre più emerge che l’esposizione a pesticidi, anche a dosi minimali, alteri profondamente la composizione microbica del intestinale, la cui ricchezza, varietà e diversità sono parametri indispensabili per svolgere le funzioni fondamentali ( integrità di barriera, sintesi di ormoni, proteine, vitamine, neurotrasmettitori). Poiche’ e’ in questa sede che e sono espresse il 70% delle cellule immunitarie, e’ evidente che uno stato di eubiosi sia importante per la salute e specifiche “disbiosi”, ovvero alterazioni nell’equilibrio fra le diverse specie microbiche, sono alla base delle principali patologie cronico degenerative, quali obesità, cancro, diabete, patologie cardiovascolari, malattie immunomediate, ma anche autismo, Alzheimer, Parkinson e depressione (27).
I pesticidi introdotti con gli alimenti o l’acqua raggiungono il microbiota dove vengono metabolizzati e dove esercitano la loro tossica, alterando la funzionalità della barriera intestinale creando uno stato di disbiosi, alterando la concertazione di specie benefiche, lattobacilli, e bifidobatteri e roseburia, ed incrementando specie patogene, come lacnospiracee che promuovono infiammazione. Questi effetti sono stati documentati per tutti i pesticidi, organofosfati, erbicidi, funghicidi, permetrine (28).
Ad esempio sono ben noti gli effetti che a dosi minimali provoca l’insetticida clorprifos o l’erbicida glifosate. Il glifosate fu ritenuto innocuo per l’uomo perché inibisce una catena enzimatica (enzima 5-enolpyruvylshikimate-3-phosphate synthase) coinvolta nella sintesi di amminoacidi aromatici e presente in tutte le specie ad eccezione dei mammiferi, ma non fu considerato che il glifosate altera gravemente il microbiota comportando una disbiosi con aumento di clostridi dotati di azione neurotossica e l’incremento del rischio di autismo si aggiunge agli altri numerosi altri effetti tossici dell’erbicida (29).
Così pure il clorpirifos altera la permebilità della barriera intestinale liberando lipopolisaccaridi in grado di innescare processi flogistici che aprono la strada ad obesità e diabete (30).
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