Segnaliamo l’articolo di Fiorella Belpoggi pubblicato nel numero 61 del 2024 della rivista Il Cesalpino.
FAOSTAT calcola che, a livello mondiale, si sia già perduto circa il 25% dei terreni fertili. L’uso di prodotti chimici inorganici per rendere un terreno più produttivo tende, in pochi anni, ad inaridirlo. Un terreno coltivabile è qualcosa di vivo e come tale deve essere trattato, evitando violente forzature con la concimazione chimica ed evitando l’usoabuso di pesticidi sulle piante in esso coltivate. Si deve, cioè, imparare a produrre cibo senza distruggere il terreno e i suoi ospiti e senza mettere a rischio la salute di chi lo consuma. Anche nel nostro Paese, in relazione a tutte le cause di decesso, si sono riscontrati livelli di rischio generalmente più ele- vati per i lavoratori e le lavoratrici del settore agricolo rispetto agli altri set- tori, e le cause degli aumenti di rischio sono da ricercare nei profondi cambiamenti che negli ultimi decenni hanno mutato il volto dell’agricoltura, vale a dire l’impiego massiccio e sistematico di sostanze chimiche di sintesi (fungicidi, diserbanti, insetticidi e fertilizzanti). L’esposizione umana alle sostanze chimiche usate in agricoltura può causare effetti sia acuti (intossicazioni), che cronici, a carico del sistema cardiovascolare, nervoso, respiratorio, endocrino e riproduttivo, dell’apparato digerente compreso il fegato. Inoltre, è stato anche osservato come molti formulati contengano composti cancerogeni, mutageni e teratogeni. Gli effetti a lungo termine dovuti ad esposizioni croniche, anche a basse dosi, si possono verificare anche molto tempo dopo l’esposizione e si possono perfino trasmettere di generazione in generazione. L’insorgenza di malattie gravi con l’esposizione cronica dei lavoratori agricoli è stata evidenziata da numerosi studi. Anche in Italia diversi studi sulla mortalità degli agricoltori rispetto ai lavoratori di altre categorie industriali hanno evidenziato
che ci sono maggiori livelli di rischio per i lavoratori e le lavoratrici del settore agricolo. Dall’adozione della prima direttiva UE sull’uso sostenibile dei pesticidi adottata nel 2009 si sono fatti dei passi avanti in questa direzione. La Commissione Europea ha elaborato le Strategie “Farm to Fork” – dal produttore al consumatore – e “Biodiversity” e ha fissato un obiettivo di riduzione del 50% dell’uso di pesticidi in tutta l’Unione Europea entro il 2030. Ma questo non è sufficiente se rimane nelle parole. E’ nell’interesse degli agricoltori, ma soprattutto di chi verrà dopo di noi, passare dalle parole ai fatti, adottare precise norme a tutela della salute pubblica e soprattutto pretendere l’applicazione delle leggi già esistenti. Ed è necessario far comprendere agli agricoltori che le prime vittime sono loro. Viste le dimostrazioni in corso in tutti i Paesi UE, pare proprio che la categoria non lo abbia compreso.