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PFAS, un inquinante per sempre

La diffusione dei PFAS (fonte: Agenzia Europea per l’Ambiente)

La nostra vita quotidiana è piena di sostanze chimiche artificiali, utilizzate per gli usi più diversi, sostanze chimiche utili, che costituiscono una componente indispensabile della nostra civiltà, ma che talvolta – a distanza di tempo dal loro uso – si dimostrano pericolose. Ricordiamo un caso per tutte, quello del DDT, l’insetticida che ha permesso di eliminare la malaria in molte parti del mondo, ma che poi si è rilevato nocivo per la salute umana, tanto da essere bandito all’inizio degli anni settanta. 

L’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) dichiara che non è possibile effettuare valutazioni approfondite del rischio ambientale e sanitario di tutte le sostanze chimiche in uso in Europa a causa della grande varietà di sostanze chimiche e dei loro diversi usi. Sostanze chimiche nuove e preesistenti continuano ad essere immesse nell’ambiente europeo, aumentando l’onere chimico totale per i cittadini e gli ecosistemi europei. L’individuazione precoce dei rischi emergenti è una delle attività dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA). Fra queste sostanze chimiche ci sono le sostanze alchiliche per-e polifluorurate (PFAS).

Le sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) sono composti chimici utilizzati in campo industriale per la loro capacità di rendere i prodotti impermeabili all’acqua e ai grassi. I PFAS vengono impiegati dagli anni ’50 per la produzione di numerosi prodotti commerciali: impermeabilizzanti per tessuti; tappeti; pelli; insetticidi; schiume antincendio; vernici; rivestimento dei contenitori per il cibo; cera per pavimenti e detersivi. L’utilizzo più noto di questi composti è probabilmente per il rivestimento antiaderente delle pentole da cucina e nella produzione dei tessuti tecnici. Le classi di PFAS più diffuse sono il PFOA (acido perfluoroottanoico) e il PFOS (perfluorottanosulfonato): quest’ultimo è usato per esempio nelle schiume antincendio. 

PFAS e salute umana

Oggi queste sostanze sono conosciute per la contaminazione ambientale che hanno prodotto negli anni proprio a causa della loro stabilità termica e chimica, che le rendono resistenti ai processi di degradazione esistenti in natura. Oltre alla tendenza ad accumularsi nell’ambiente, i PFAS persistono anche negli organismi viventi, compreso l’uomo, dove risultano essere tossici ad alte concentrazioni. L’EEA nell’immagine sotto riassume le attuali conoscenze in merito all’impatto sulla salute di queste sostanze.

Gli effetti dei PFAS sulla salute (fonte: Agenzia Europea per l’Ambiente)

Sempre l’EEA afferma che il biomonitoraggio umano ha rilevato una serie di PFAS nel sangue dei cittadini europei. La conferma della esposizione media degli europei viene, ad esempio, dall’Ufficio europeo per l’ambiente (EEB) e ChemSec che ha pubblicato i risultati di un’iniziativa che mostra che i principali leader europei sono risultati positivi ai PFAS.

La presenza in Italia dei PFAS: il caso Veneto

Nel 2013 i risultati di una ricerca sperimentale su potenziali inquinanti “emergenti”, effettuata nel bacino del Po e nei principali bacini fluviali italiani dal Consiglio Nazionale delle Ricerche e dal Ministero dell’Ambiente, indicano la presenza anche in Italia di sostanze perfluoro alchiliche (PFAS) in acque sotterranee, acque superficiali e acque potabili. Per lo studio vengono prelevati anche campioni di acqua destinata al consumo umano in più di 30 comuni nella provincia di Vicenza e nelle zone limitrofe delle province di Padova e Verona. Le indagini evidenziano un inquinamento diffuso di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS), a concentrazione variabile, in alcune aree delle province sopracitate. Le informazioni circa la presenza di queste sostanze sono presentate nella relazione dell’Istituto di Ricerca sulle Acque del CNR Rischio associato alla presenza di sostanze perfluoro-alchiliche (PFAS) nelle acque potabili e nei corpi idrici recettori di aree industriali nella Provincia di Vicenza.

ISDE medici per l’ambiente da quando il problema dei PFAS si è reso evidente in Veneto, si è impegnata con vari interventi per favorire la soluzione del proble-ma dell’inquinamento da queste sostanze. In particolare, ha sostenuto alcuni dei momenti fondamentali del percorso per limitare l’inquinamento da PFAS e per eliminarle del tutto l’uso.

Fra le tante iniziative segnaliamo la richiesta presentata con molte altre associazioni e comitati italiani ed europei “BAN PFAS Manifesto”.

Con l’emergere della situazione di emergenza ambientale si sono mobilitate le associazioni ambientaliste come Legambiente Veneto e il Coordinamento Acqua libera dai PFASGreenpeace, è stata costituita ed è fortemente attiva l’associazione delle “Mamme no Pfas“.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dedicato una specifica pubblicazione Keeping our water clean: the case of water contamination in the Veneto Region, Italy che descrive l’esperienza della Regione Veneto nel rispondere a questa emergenza sanitaria pubblica. Le sfide affrontate erano tipiche di quelle che qualsiasi autorità sanitaria pubblica potrebbe affrontare nel rispondere a un’improvvisa e acuta minaccia ambientale per la salute; quindi, le lezioni apprese nella regione del Veneto nell’affrontare l’incidente saranno senza dubbio utili per altri paesi che affrontano minacce sanitarie simili.

Il monitoraggio dei PFAS a livello nazionale

In seguito ad una nota della Direzione Generale per la Salvaguardia del Territorio e delle Acque del Ministero dell’Ambiente del 18 maggio 2017 sul “Monitoraggio di sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nei corpi idrici superficiali, sotterranei e negli scarichi di acque reflue”, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA), costituito da Ispra e dalle agenzie ambientali regionali e delle province autonome, si è attivato, pubblicando nel giugno 2019 le Linee guida “Indirizzi per la progettazione delle reti di monitoraggio delle sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) nei corpi idrici superficiali e sotterranei” e contestualmente iniziando   le attività per monitorare la presenza di queste sostanze nei corpi idrici superficiali e sotterranei. Nelle citate Linee guida sono presentati i risultati di un’indagine preliminare a livello nazionale con l’intento di permettere alle Regioni la programmazione del monitoraggio nei PFAS nei corpi idrici superficiali e sotterranei. I risultati di questa indagine preliminare – svolta fra febbraio e giugno 2018 – costituiscono i primi dati esistenti per tutto il territorio nazionale sui PFAS.

Recentemente Greenpeace ha prodotto un nuovo rapporto, basato su dati del Sistema Nazionale per la Protezione Ambientale (SNPA) composto da ISPRA e dalle agenzie regionali e delle province autonome per la protezione dell’ambiente, sui dati del monitoraggio raccolti tra il 2019 e il 2022. 

La presenza dei PFAS in Europa

I PFAS sono presenti ovunque nell’ambiente acquatico e negli organismi (ad esempio in AustriaDanimarcaFranciaGermaniaPaesi BassiSvezia); in tutta Europa sono stati rilevati nell’aria, nel suolo, nelle piante e nel biota. Le aree intorno ai siti di produzione e applicazione industriale sono risultate particolarmente contaminate dai PFAS. Ciò ha portato alla contaminazione dell’acqua potabile intorno alle fabbriche in Belgio, Italia e Paesi Bassi, e intorno agli aeroporti e alle basi militari in Germania, Svezia e Regno Unito. Il numero totale di siti che potenzialmente emettono PFAS è stimato nell’ordine di 100.000 in Europa. Le principali vie di esposizione per l’uomo e l’ambiente sono indicate nella figura seguente. 

Secondo i risultati di un’indagine giornalistica “The Forever Pollution Project”, durata vari mesi, condotta da 18 redazioni europee, fra cui Le Monde e il Guardian sono stati individuati 17.000 siti in tutta Europa contaminati dai PFAS e ulteriori 21 000 siti di presunta contaminazione a causa di attività industriali attuali o passate.

Sulla diffusione dei PFAS in Europa vedi il sito di HEAL (Health and Environment Alliance) di cui ISDE Italia fa parte.

Per la popolazione in generale, le fonti di PFAS comprendono acqua potabile, alimenti, prodotti di consumo e polveri. Negli alimenti, le specie ittiche al vertice della catena alimentare e i molluschi sono fonti significative di esposizione ai PFAS. Il bestiame allevato su terreni contaminati può accumulare PFAS nelle loro carni, latte e uova. L’esposizione diretta può avvenire anche attraverso creme per la pelle e cosmetici o attraverso l’aria da spray e polvere da tessuti rivestiti in PFAS. I gruppi che possono essere esposti ad alte concentrazioni di PFAS comprendono lavoratori e persone che mangiano o bevono acqua e alimenti contaminati attraverso materiali a contatto con alimenti trattati con PFAS.

Le notizie di ISDEnews sui PFAS

L’Osservatorio PFAS del FOSAN (Ente di Ricerca per lo Studio degli Alimenti e della Nutrizione)