Intervento di Claudio Giannotti (responsabile Isde giovani) su “Il Punto” rivista online OmceovTorino.
Perché un medico dovrebbe interessarsi dell’ambiente? Spesso si ha l’immagine del medico come di una persona che vive confinato nelle mura di un ospedale intento a correre trasportando un paziente in fin di vita, come nella serie più stereotipata. In realtà non è così è una persona che studia e si aggiorna in continuazione, che si interessa di quello che accade intorno a sé e che questo è fondamentale se si vuole curare le persone. E quindi perché dovremmo occuparci dell’ambiente diventa una domanda a cui ci sono molte più risposte di quello che uno pensa. Dal 20 al 22 ottobre 2023 si è tenuto a San Sepolcro il Congresso nazionale Isde Italia – medici per l’ambiente (International society of Doctors for the environment) dal titolo: “Inquinamento atmosferico e mutamenti climatici”, nel quale si sono succeduti moltissimi interventi che hanno affrontato questo problema da diversi punti di vista.
Cosa sappiamo dei cambiamenti climatici
Sicuramente il primo punto è la formazione: la comunità scientifica è ormai pienamente concorde nell’identificare nelle matrici ambientali uno dei principali rischi per la salute umana. Nel rapporto Global burden of disease, l’inquinamento dell’aria è posto al quarto posto per cause di mortalità con un numero di decessi stimato tra i 9 e i 12 milioni annui. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) il 99 per cento degli esseri umani vive in zone con una qualità dell’aria inferiore agli standard fissati dall’Organizzazione stessa. Inoltre, bisogna dire che non solo stiamo attraversando una crisi climatica senza precedenti ma, come afferma Johan Rockström nell’articolo “A safe operating space for humanity”, stiamo attraversando una serie di crisi, tutte molto gravi. Possiamo partire dalla perdita di biodiversità: tre quarti degli uccelli sul pianeta terra sono polli di allevamento, e il 97 per cento dei mammiferi sono esseri umani oppure animali da allevamento. Ma possiamo citare anche le banane commerciali che sono tutte un clone (una talea) della stessa cultivar tipo Cavendish e che in passato abbiamo già rischiato di non aver più banane, quando un fungo attacco e sterminò la cultivar allora predominante il tipo Gros Michel.
Un altro esempio è l’erosione del suolo naturale che nei paesi più industrializzati prende il nome di cementificazione e in quelli più selvatici prende il nome di deforestazione che causa il fenomeno dello spillover: l’erosione dello spazio a disposizione delle altre specie porta a una promiscuità tra uomo, animali da allevamento e animali selvatici, con il conseguente passaggio di nuove patologie che mutano per infettare anche gli esseri umani: come non citare il virus Nipah, l’hiv e il sars-cov2.
Le conseguenze sulla salute
L’altra grossa crisi ambientale è quella forse a cui anche il grande pubblico si sta sensibilizzando maggiormente: il riscaldamento globale. Infatti, i movimenti civili, in particolare giovanili come Fridays for Future ha portato alla ribalta mediatica questo tema. La temperatura media globale si sta alzando e questo è dovuto all’emissione di gas climalteranti (CO2, metano, ecc.) da parte delle attività antropiche, in particolare all’uso dei combustibili fossili. Questo è un problema di salute enorme. Partiamo dal lavoro più autorevole che la comunità medica abbia prodotto in questo campo il Lancet Countdown on health and climate change. Un lavoro titanico che coinvolge moltissime istituzioni e università al mondo che mette in luce come l’aumentare della temperatura globale media impatterà la salute umana in modo tremendo. In primo luogo, gli eventi climatici estremi causeranno danni diretti alle vite umane e economici. Secondo l’Atlas of mortality and economic loss from weather climate and water extremes dell’Organizzazione metereologica mondiale, dal 1970 al 2019 gli eventi estremi stanno quintuplicando come frequenza e hanno causato in media 115 morti e 202 milioni di dollari di danni al giorno.
In secondo luogo, l’aumento di temperatura aumenta la frequenza e la gravità di moltissime patologie umane:
- psichiatriche, neurologiche e del benessere: è doveroso citare l’ecoansia una nuova categoria di ansia che colpisce sempre più giovani,
- cardiovascolari,
- metaboliche e endocrinologiche come obesità e diabete,
- respiratorie,
- infettive, con l’aumento dell’areale di molte patologie tropicali.
Un altro elemento particolarmente importante che è emerso è il cambio del profilo di esposizione degli inquinanti da acuto/professionale a cronico/ambientale con la necessità di capire e considerare l’impatto dell’inquinamento delle principali matrici ambientali acqua, aria e cibo sulla salute umana. In questo campo in Isde non mancano pionieri di questi studi e grandi nomi dell’epidemiologia italiana. In questo caso vorrei citare lo studio SENTIERI – Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento. Ma anche i progetti come RIMS- rete italiana dei medici sentinella.
Trovare soluzioni per tutti
Diventa paradigmatico, dunque come i giovani medici nella loro quotidianità dovranno prendere in considerazione sempre di più i cambiamenti climatici, ma anche come la formazione universitaria in questo caso sia praticamente nulla. E questo è stato esplicitato con forza durante il congresso Isde nella tavola rotonda che ha visto coinvolte le principali associazioni giovanili mediche e delle professioni sanitarie.
In quest’ottica diventa fondamentale “l’approccio Isde”. La peculiarità della nostra associazione non è quella solo di fare formazione e ricerca scientifica, ma cercare di dare risposte che siano non soltanto tecniche ma usare un approccio globale. Infatti, certamente, è giusto che i professionisti propongano gli approcci più consoni della tossicologia ambientale e dell’epidemiologia ma, con un approccio propositivo e consono alle indicazioni dell’Oms, Isde persegue l’approccio della “One health”, cioè una salute per uomini, animali e ambienti. In quest’ottica la parola chiave diventano i cobenefici, cioè trovare le soluzioni che siano positive per tutti. Facciamo un esempio: promuovere una dieta a ridotto o nullo apporto di sostanze di origine animale fa bene alla salute umana, fa bene alla salute ambientale (gli allevamenti causano il 14 per cento circa delle emissioni globali) e agli animali stessi. Il modo con cui Isde propone il raggiungimento di questo scopo è multimodale: innanzitutto informativo promuovendo ricerche, convegni e educazione continua, poi comunicativo, occupandosi attivamente di divulgazione in ambito di salute e ambiente, poi partecipativo a livello politico nel senso più lato del termine e infine nella costruzione di percorsi multidisciplinari in cui le persone vengano spinte gentilmente (nudging) a fare la scelta giusta.
Vorrei citare un progetto che sta seguendo Isde in Valle d’Aosta in collaborazione con Slow food e Slow medicine nell’organizzare degli eventi di salute globale: abbiamo costruito degli eventi rivolti alla popolazione generale nella natura che promuovono stili di vita salutari (passeggiate e alimentazione corretta) in un luogo salubre che viene così valorizzato e con uno spazio di divulgazione più classico.
In conclusione, possiamo riprendere il motto di Isde: “Tutti siamo responsabili dell’ambiente, i medici lo sono due volte” e invitare tutti i medici a formarsi in tema ambientale e considerare maggiormente il ruolo che ricopre l’ambiente sulla salute umana. In particolare, questo invito vuole essere rivolto a studenti e medici in formazione che più di tutti avranno a che fare con questo problema.
Claudio Gianotti
Responsabile Isde Italia Giovan