Inauguriamo come Isde Italia con l’articolo di Francesco Romizi “Salute e ambiente: ecco perché se si ammala il pianeta ci ammaliamo anche noi” una rubrica su Italia che cambia.
Una rubrica che indagherà sulla correlazione fra la salute umana e quella dell’ambiente, a riprova del fatto che un atteggiamento rispettoso nei confronti del pianeta non è solo un atto di consapevolezza ma è anche il modo migliore per continuare a sopravvivere come esseri umani.
Salute e ambiente: ecco perché se si ammala il pianeta ci ammaliamo anche noi
Il rapporto fra salute e ambiente è una delle determinanti fondamentali dello stato di salute della popolazione umana. Dalla città inquinata alla foresta incontaminata, la relazione tra l’individuo e diversi fattori ambientali può risultare in diversi stati di benessere o di malattia. Ogni anni le principali agenzie internazionali che si occupano di ambiente e di salute – UNEP, AEA, OMS, IPCC, FAO – oltre alle principali riviste scientifiche – Nature, The Lancet – mettono in evidenza il gran numero di malati e di morti che si verificano in conseguenza di alterazioni ambientali, provocate soprattutto dalle attività umane.
Cambiamenti climatici, perdita di biodiversità, cattiva qualità dell’aria, desertificazione, deforestazione, contaminazione delle falde acquifere e della catena alimentare, crescita esponenziale del campo elettromagnetico a causa delle comunicazioni via etere. Tutti questi fattori sono la diretta conseguenza di una crescita di tipo lineare avente come obiettivo la crescita illimitata del prodotto interno lordo. Eppure tale crescita è paradossale visto che sta mettendo a rischio non solo l’equilibrio dei vari ecosistemi, ma la sopravvivenza stessa della specie umana.
Abbiamo dimenticato di vivere in un pianeta in cui la vita si è sviluppata nel corso di milioni di anni grazie a una fonte di energia esterna – il sole – e a un riciclo costante della materia senza scarti né rifiuti.Viviamo come se le risorse fossero illimitate, continuando a sfruttarle in modo insensato. L’earth overshoot day – il giorno in cui il consumo annuale di risorse del pianeta viene bilanciato dalla capacità di rigenerarle – cade sempre prima: nel 1979 è stato il 29 dicembre, nel 2020 invece il 22 agosto.
La correlazione tra salute e ambiente è fondamentale, spesso trascurata dal mondo scientifico e dalla classe medica, che pare interessata a investire più in diagnosi e cure che in ricerca e rimozione delle cause ambientali delle patologie. L’aggressione continua al nostro organismo da parte di agenti fisici e chimici genera danni multi-livello in tutti gli organi e apparati, con aumento di patologie cronico-degenerative quali cancro, obesità, diabete, malattie neuro-degenerative e del neurosviluppo, malattie endocrine e immunologiche, sterilità e rischi per la gravidanza e per il feto.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che oltre il 25% delle malattie negli adulti e il 33% nei bambini sotto i 5 anni siano dovute a cause ambientali evitabili e che siano circa 13 milioni le morti attribuibili annualmente ad esposizioni ambientali, di cui oltre 7 milioni legate al solo inquinamento atmosferico. Poiché solo l’8% della popolazione mondiale respira un’aria che rispetta i limiti previsti dall’OMS, il problema è enorme. La maggiore suscettibilità dell’infanzia agli inquinanti è dovuta al fatto che i bambini, in proporzione al peso, respirano, mangiano, bevono più di un adulto e per il loro comportamento sono molto più esposti ad agenti tossici.
Secondo l’OMS, fra i 10 fattori ambientali a maggior rischio per la salute umana figurano inquinamento dell’aria, metalli pesanti quali arsenico, cadmio, piombo e mercurio, diossine, pesticidi e benzene. Oltre a questi, anche idrocarburi policiclici aromatici (IPA), coloranti, poli-cloro-bifenili (PCB), solventi, ftalati, ritardanti di fiamma, bisfenolo A, formaldeide e numerose altre sostanze tossiche sono presenti nel nostro ambiente di vita, sia in quello confinato – indoor – che all’esterno – outdoor – e possono entrare nel nostro corpo con l’alimentazione, l’ingestione, l’uso di acque contaminate o attraverso la cute.
Sono circa 100.000 le sostanze chimiche di sintesi immesse in commercio, ma solo una minima parte di esse è stata testata per gli effetti sulla salute; l’azione cancerogena, ad esempio, è stata valutata dall’Agenzia per la Ricerca sul Cancro solo su 1013 agenti. Si tratta molto spesso di molecole persistenti, lipofile, accumulabili nell’ambiente e negli alimenti, caratterizzate dal fenomeno della biomagnificazione – crescente accumulo di una sostanza nei suoi passaggi lungo una catena alimentare –, che attraverso varie vie – respirazione, alimentazione, contatto cutaneo – sono in grado di superare le principali barriere dell’organismo – barriera emato-encefalica, emato-spermatica, filtro polmonare, membrane cellulari e nucleari –, nonché di passare dalla madre al bambino attraverso cordone ombelicale e latte materno.
L’OMS stima che oltre il 25% delle malattie negli adulti e il 33% nei bambini sotto i 5 anni siano dovute a cause ambientali evitabili
In definitiva occorre cambiare paradigma. Le malattie derivanti da fattori ambientali sono perlopiù malattie cronico-degenerative che si prestano bene a interventi di natura preventiva – migliorare l’ambiente di vita per mantenere la salute. Ma nella società industrializzata anche la malattia diventa fonte di profitti attraverso gli interventi terapeutici – medicinali, interventi chirurgici, protesi – e si è arrivati alla cosiddetta medicalizzazione della salute, che offrendosi come soluzione a ogni problema, riduce gli interventi preventivi e impedisce al cittadino di capire, accettare e gestire in modo autonomo la propria condizione di salute.
Questa nuova rubrica “Ambiente e salute” intende quindi dare un contributo in questo senso. E sarà un contributo a sostegno della prevenzione e della sensibilizzazione dei cittadini e delle istituzioni affinché si lavori per limitare – o per meglio dire, annullare – le cause ambientali di alcune patologie e per il miglioramento della qualità di vita della popolazione.