Di fronte alle lacune dei governanti e delle industrie, è giunto il momento di interrogarsi sulla fine che fanno le sostanze perfluoroalchiliche, le stesse protagoniste di uno degli scenari più contradditori della storia dei crimini ambientali del mondo contemporaneo che ha portato alla sbarra la DuPont in USA e al più grande processo ambientale italiano, per la contaminazione del Veneto. Come a dire, i PFAS sono finiti in tribunale, addirittura sul tavolo dell’ONU, ma fisicamente, quelli estratti dalle acque potabili mediante filtrazione, che fine fanno?
Il fatto grave è che nessuno mai l’ha detto chiaramente alle popolazioni residenti e sembra che nessuno tra i governanti delle zone contaminate – Sindaci, Provincia, Regione, Stato – abbia chiesto o fatto seri approfondimenti, né scientifici, né ambientali, sui territori. Lo abbiamo fatto noi, chiedendo il parere a due autorevoli voci sulla questione PFAS, il ricercatore CNR-IRSA Stefano Polesello (scopritore dei PFAS in Miteni nel 2011 a seguito del Progetto PERFORCE) e la Dott.ssa ISDE Vitalia Murgia (pediatra che ha studiato approfonditamente il problema dell’incenerimento dei PFAS e i riflessi di queste sostanze sull’ambiente e sulla nostra salute).
Lo abbiamo fatto dopo aver allertato il NOE e l’ARPAV per interventi concreti sugli impianti in opera.
Provate a immaginarvi le decine e decine di comuni del Veneto che filtrano l’acqua contaminata di falda, con quegli enormi silos che vedete non solo fuori dalla Miteni, ma pure in tutti i centri di potabilizzazione delle acque. Silos azzurri o bianchi, cilindri giganti di varia misura, che per anni non furono “notati” all’interno dalla Miteni dai nostri enti di controllo. Eppure sono grandi, perché all’interno contengono dei carboni granulari piuttosto ingombranti – delle “piccole pietre” – attraverso cui passa l’acqua contaminata. Grazie a questo passaggio i carboni si impregnano delle sostanze tossiche – i nostri PFAS – e l’acqua viene “filtrata” e resa potabile. Operazione fatta per anni all’insaputa delle popolazioni contaminate del Veneto, ancora oggi non informate come si deve su questo e molto altro.
Non solo. Questi carboni dovranno ogni tanto essere rigenerati, puliti, come accade per i filtri dei nostri motori. Sporchi. E lo sporco di questi filtri, il refluo, dove va? Bella domanda. Fatela all’Assessore all’Ambiente del Veneto o ai Sindaci del territorio che nel 2017 rilasciarono l’AIA alla Miteni – in piena emergenza PFAS – per un “cogeneratore” che implementava l’inceneritore storico dell’azienda incriminata, inceneritore che “bruciava” le stesse sostanze che abbiamo visto “bruciano” gli impianti di rigenerazione dei carboni granulari oggetto di questo articolo. Stiamo parlando delle stesse sostanze che “vengono tolte” da decine di comuni grazie ai filtri e poi “ributtate in aria” in pochi singoli comuni, come quelli di Legnago, Padova, Mestre-Fusina? Nel silenzio delle istituzioni?
Ecco, noi siamo contrari al silenzio delle istituzioni: il contrario della democrazia. Siamo contrari alla plutocrazia. E abbiamo chiamato in aiuto la scienza. Quella di alto profilo etico, che fa ricerca senza essere subordinata al mercato, ma solo alla coscienza che muove lo spirito della ricerca stessa, il benessere collettivo. Sottoponiamo ai nostri lettori i due importanti articoli scritti su nostro invito, con le introduzioni/conclusioni riportate in questo articolo web e il contenuto integrale nei PDF, che tutti potranno scaricarsi liberamente. Li sottoponiamo ai nostri lettori per attivare la cittadinanza, per rendere i cittadini attivi e protagonisti del loro futuro. Della loro libertà. Che deve rompere ogni silenzio. Per implementare – unico “implemento” che davvero sfugge all’abuso del lessico produttivista – la giustizia sociale e ambientale necessaria alla vita civile dei territori. Alla vita “civile”, degna di esser vissuta.
CLICCA QUA PER SCARICARE L’ARTICOLO DI VITALIA MURGIA
CLICCA QUA PER SCARICARE L’ARTICOLO DI STEFANO POLESELLO